I risultati di uno studio sostenuto da AIRC, condotto in laboratorio su un raro tipo di tumore al fegato, permetteranno di studiare nuovi farmaci mirati contro la comunicazione tra cellule neoplastiche e microambiente tumorale.
Da diversi anni è noto che la comunicazione tra le cellule neoplastiche e l’ambiente circostante, il cosiddetto microambiente tumorale, può promuovere la crescita dei tumori. I risultati di un recente studio coordinato da Gianluigi Giannelli, dell’IRCCS “Saverio de Bellis” di Castellana Grotte, in Puglia, hanno mostrato che questo dialogo è importante anche per lo sviluppo del colangiocarcinoma intraepatico, individuando in particolare un possibile obiettivo terapeutico. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista Journal of Experimental & Clinical Cancer Research.
Il colangiocarcinoma epiteliale è un tipo di tumore del fegato che insorge nei dotti biliari. Si tratta di una malattia rara e poco conosciuta, con una prognosi complessa. La scarsa frequenza, in particolare, rende difficile condurre studi per comprendere i meccanismi molecolari alla base della progressione e sviluppare nuove terapie. Inoltre, “proprio come il tumore al pancreas, il colangiocarcinoma intraepatico non presenta alcun sintomo nelle prime fasi” spiega Giannelli. Nella maggior parte dei casi il tumore viene così diagnosticato quando compaiono i primi sintomi ed è spesso in una fase avanzata. “Per questi pazienti, la situazione è particolarmente complessa perché non possono essere sottoposti alla rimozione chirurgica della neoplasia, la migliore opzione terapeutica al momento” spiega il ricercatore. “Possono essere trattati soltanto con la chemioterapia, che però porta a un vantaggio clinico minimo a causa della sua azione generica.”
A partire dal 2020 il progetto di ricerca guidato da Giannelli ha ricevuto il sostegno da parte della Fondazione AIRC, grazie a un Investigator Grant. “Abbiamo seguito un approccio di ricerca patogenetico, con l’idea di tentare di individuare il meccanismo molecolare che induce lo sviluppo della malattia. L’obiettivo ultimo è individuare una terapia mirata a contrastare questo tipo di cancro”. Per iniziare, i ricercatori hanno deciso di stabilire quanto fosse importante l’interazione fra tumore e microambiente per la crescita del colangiocarcinoma intraepatico. Hanno così valutato su cellule di questo tipo di tumore in coltura e in animali di laboratorio l’effetto del crenigacestat, un farmaco che inibisce la via di segnalazione NOTCH1 e blocca il dialogo fra tumore e ambiente esterno.
Dopo diversi esperimenti, i ricercatori hanno concluso che il colangiocarcinoma intraepatico cresce più velocemente se è circondato dalle cellule del microambiente neoplastico, dette fibroblasti associati al tumore, con cui comunica. Inoltre, i ricercatori hanno osservato che l’interruzione di questo dialogo può indurre un effetto terapeutico. “Non credo, però, che il crenigacestat sarà la soluzione” commenta Giannelli, sottolineando che la via di segnalazione inibita dal medicinale è coinvolta non soltanto nella crescita tumorale, ma anche in numerosi processi molecolari nelle cellule sane. Il trattamento potrebbe quindi esporre i pazienti a importanti effetti collaterali.
In ogni caso, i ricercatori hanno fatto tesoro dei risultati ottenuti per procedere nella ricerca. Come spiega Giannelli, “senza conoscere il bersaglio è difficile scegliere l’arma migliore. Con questo progetto abbiamo imparato a riconoscere l’obiettivo, mentre con il prossimo cercheremo il farmaco più adatto a interrompere la comunicazione tra cellule del colangiocarcinoma intraepatico e microambiente tumorale”. Si apre quindi la possibilità di introdurre terapie mirate ed efficaci anche per i pazienti con questo raro tipo di tumore al fegat
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