Dal 1°gennaio 2019 gli interessi legali sono aumentati dallo 0,3% allo 0,8 % annuo. A mettere in evidenza la significativa modifica disposta dall’art. 1 del Decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze del 12 dicembre 2018, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 291 del 15 dicembre 2018, sono gli esperti avvocato Maurizio Villani e dottor Alessandro Villani in un articolo che Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti” ritiene utile rilanciare per le ricadute che potrà avere uno scostamento percentuale ai più impercettibile, ma che potrà avere numerosi effetti fiscali e sull’intera economia. La norma in questione, infatti, stabilisce chiaramente:
“La misura del saggio degli interessi legali di cui all’art. 1284 del codice civile è fissata allo 0,8 per cento in ragione d’anno, con decorrenza dal 1 gennaio 2019”.
Gli interessi legali altro non sono che gli interessi dovuti per legge (art. 1284 c.c.), ovvero un’obbligazione pecuniaria, accessoria al capitale, che matura quotidianamente in base alla durata del rapporto obbligatorio e del saggio percentuale fissato dalla legge.
La variazione del saggio è resa possibile da quanto prescritto all’art. 2, comma 185, della Legge 23 dicembre 1996, n. 662, il quale prevede che il Ministero dell’Economia e delle Finanze può modificare il livello degli interessi, con decreto da emanarsi non oltre il 15 dicembre, sulla base del rendimento annuo lordo dei titoli di Stato di durata non superiore a dodici mesi e tenuto conto del tasso di inflazione registrato nell’anno.
Qualora entro tale data non sia fissata la nuova misura del saggio, questo rimane invariato per l’anno successivo.
In pratica, dal 1° gennaio 2019 l’incremento del tasso degli interessi legali sarà quasi triplicato rispetto al precedente anno passando dallo 0,3% allo 0,8% annuo e aumentando, di fatto, gli importi dovuti al Fisco per tutti quei versamenti effettuati in ritardo o a seguito di ravvedimento operoso.
Questo incremento, infatti, consente al Fisco di chiedere sempre di più a tutti quei contribuenti che hanno pendenze arretrate o perché in ritardo con i pagamenti rateizzati di imposte e tributio perché si sono avvalsi dell’istituto del ravvedimento operoso al fine di regolarizzare tardivamente la propria posizione con un pagamento ridotto delle sanzioni e degli interessi moratori, calcolati dal giorno successivo a quello della scadenza dell’adempimento tributario e fino al giorno in cui il contribuente regolarizza la propria posizione.
Per di più, tale novità genera inevitabili ripercussioni anche su molte delle disposizioni riconducibili alla c.d “Pace Fiscale” contenute nel Decreto Legge n. 119 del 23 ottobre 2018, convertito nella Legge n. 136 del 17 dicembre 2018. La nuova misura dello 0.8% annuo si dovrà, infatti, applicare anche sui pagamenti rateali dovuti per la definizione agevolata dei processi verbali di constatazione (art.1), per la definizione degli atti del procedimento di accertamento (art. 2) e per la chiusura delle liti pendenti (art.6).
Per ciò che attiene gli effetti pratici di tale incremento allo 0.8% si rammenta che “gli interessi vanno calcolati dal giorno successivo a quello entro il quale doveva essere assolto l’adempimento tributario, fino al giorno in cui si effettua il pagamento, applicando per ogni periodo il tasso di interesse legale in vigore pro rata temporis”. In sostanza, per regolarizzare gli omessi o tardivi versamenti del 2018, regolarizzati con lo strumento del ravvedimento operoso nel 2019, per gli interessi legali si dovranno applicare le due misure dello 0,3% fino al 31 dicembre 2018 e dello 0,8% dal 1 gennaio 2019.
Ad esempio, se un contribuente ha saltato l’appuntamento con il versamento del saldo IMU 2018, in scadenza il 17 dicembre 2018, potrà eseguire il versamento il 16 gennaio 2019, avvalendosi del ravvedimento breve entro 30 giorni. In questo caso dovrà applicare la sanzione del 15% (che si riduce a un decimo del minimo, cioè a 1,5%) e dovrà pagare gli interessi legali sul mancato versamento nella misura dello 0,3% annuo, fino al 31 dicembre 2018, e dello 0,8% dal 1 gennaio 2019, fino al giorno in cui regolarizza la propria posizione. Per chi si avvale, invece, del ravvedimento lungo o annuale, oltre alle imposte eventualmente ancora dovute, sarà applicabile la sanzione fissa del 3,75% più gli interessi dello 0,3% annuo fino al 31 dicembre 2018 e dello 0,8% dal 1° gennaio 2019, per i giorni successivi alla scadenza, fino al giorno di pagamento complessivo.
Nella tabella sottostante sono riportate le variazioni del tasso degli interessi legali che si sono susseguiti dal 1942 al 2019
VARIAZIONE DEL TASSO TEMPORALE DEGLI INTERESSI LEGALI NEI VARI ANNI
PERIODO DAL – AL NORMA REGOLATRICE INTERESSI
21.04.1942 – 15.12.1990 Codice Civile art. 1284 5%
16.12.1990 – 31.12.1996 Legge n. 353/1990 e Legge n. 408/1990 10%
01.01.1997 – 31.12.1998 Legge n. 662/96 (art. 2 c. 185 e art 3 c. 164) 5%
01.01.1999 – 31.12.2000 Decreto del Ministero del Tesoro 10.12.1998 2,5%
01.01.2001 – 31.12.2001 Decreto del Ministero del Tesoro 11.12.2000 3,5
01.01.2002 – 31.12.2003 Decreto del Ministero dell’Economia 11.12.2001 3%
01.01.2004 – 31.12.2007 Decreto del Ministero dell’Economia 01.12.2003 2,5%
01.01.2008 – 31.12.2009 Decreto del Ministero dell’Economia 12.12.2007 3%
01.01.2010 – 31.12.2010 Decreto del Ministero dell’Economia 04.12.2009 1%
01.01.2011 – 31.12.2011 Decreto del Ministero dell’Economia 07.12.2010 1,5%
01.01.2012 – 31.12.2013 Decreto del Ministero dell’Economia 12.12.2011 2,5%
01.01.2014 – 31.12.2014 Decreto del Ministero dell’Economia 12.12.2013 1%
01.01.2015 – 31.12.2015 Decreto del Ministero dell’Economia 11.12.2014 0,5%
01.01.2016 – 31.12.2016 Decreto del Ministero dell’Economia 11.12.2015 0,2%
01.01.2017 – 31.12.2017 Decreto del Ministero dell’Economia 11.12.2016 0,1%
01.01.2018 – 31.12.2018 Decreto del Ministero dell’Economia 13.12.2017 0,3%
01.01.2019 Decreto del Ministero dell’Economia 12.12.2008 0,8%
Sulla base dei dati riportati in tabella, certamente non si può trascurare il fatto che, dopo lo scorso anno, in cui la misura applicabile era passata dallo 0,1% allo 0,3% per l’anno 2018, oggi la misura applicabile dal 2019 subisce una ulteriore impennata (quale diretta conseguenza dell’andamento dell’inflazione e dei titoli di Stato a breve scadenza), partendo dal valore registrato nel 2014, anno dal quale era iniziato un progressivo calo fino all’anno scorso.
Alla luce di ciò, se da un lato assistiamo ogni anno ad una applicazione altalenante degli interessi legali, dall’altro lato va segnalato che, ancora ad oggi, in materia di interessi per i versamenti e per i rimborsi, non si è raggiunta quella parificazione tra Fisco e contribuente volta ad evitare che gli interessi applicati dal Fisco su quanto gli è dovuto siano più alti di quelli riconosciuti al contribuente in caso di rimborso.
Si fa presente, infatti, l’assurdo comportamento del Fisco secondo cui, se il contribuente deve avere il rimborso, l’interesse conosciuto per il ritardo è, di norma, il 2% annuo, mentre se il contribuente paga dopo la scadenza l’interesse che deve pagare è il doppio, con la sanzione del 30%, che si riduce al 15% se il contribuente paga entro 90 giorni, mentre nessuna sanzione è prevista a carico del Fisco se esegue i rimborsi in ritardo.
Al riguardo, si precisa che l’ammontare dei tassi di interesse è stabilito dalla legge o dai decreti ministeriali in misura assai differente a seconda che creditore della somma su cui tali interessi debbano essere applicati sia il contribuente o l’Amministrazione Finanziaria. Ci si chiede, allora, in base a quale criterio o norma di legge vi sia tale differenza tra gli interessi spettanti all’Amministrazione Finanziaria e gli interessi che si applicano ai rimborsi in favore del contribuente.
Ciò pone le basi per una eventuale dichiarazione di illegittimità costituzionale, in violazione del principio di uguaglianza di cui all’articolo 3 della Costituzione. Il pagamento degli interessi, infatti, deve avvenire nella stessa misura e non può essere diverso a seconda che creditore di tali somme sia l’Amministrazione Finanziaria o il contribuente.
Tuttavia, è giusto dire che tale disparità non esiste in materia di tributi locali, in quanto vi è una disposizione di legge che espressamente fissa l’ammontare degli interessi sui ritardati versamenti e quelli sui ritardati rimborsi nella stessa misura.