La battaglia di Montecassino è nota in tutto il mondo, cosi come la distruzione dell’antica Abbazia benedettina e le fasi più cruenti della sanguinosa battaglia: la disfatta del fiume Rapido ( in realtà Gari), il bombardamento di Montecassino, la distruzione della città di Cassino, la difesa ad oltranza dei paracadutisti tedeschi intorno alla grotta Foltin, Hotel Continental (in realtà Excelsior) e altri luoghi simbolo.
Ma è invece poco nota all’opinione pubblica, l’antica cittadina di Piedimonte San Germano, che i polacchi chiamavano la piccola Montecassino, arroccata su una collina rocciosa ai piedi del Monte Cairo, distante pochissimi chilometri in linea d’aria dal celebre monastero benedettino, e ne condivide lo stesso amaro destino: al termine della sanguinosa battaglia rimanevano solo cumoli di macerie.
Proprio come il costone di Montecassino, Piedimonte San Germano era il baluardo di un poderoso sbarramento difensivo, la Linea Hitler, che doveva contenere un eventuale sfondamento della linea Gustav
Sommario
Piedimonte San Germano caposaldo della Linea Hitler
L’antica cittadina che sovrasta la Valle del Liri, fu coinvolta direttamente nel conflitto bellico, quando il 19 luglio 1943, gli Alleati bombardarono il vicino aeroporto di Aquino, importante punto di rifornimento e comunicazione dei tedeschi. Nei successivi due bombardamenti, le bombe caddero anche sull’abitato di Piedimonte e vi furono i primi morti, era il preludio di un lungo periodo di dolore e sofferenza per l’intera popolazione civile.
Il 4 ottobre 1943, Hitler decise di difendersi dall’avanzata degli Alleati che erano sbarcati a Salerno creando un sistema difensivo al sud, approvando la tesi di Kesserling e questa fu una decisione determinante per le sorti del cassinate, poichè significava sfruttare al massimo le risorse naturali che offriva questa porzione di territorio che dal Tirreno all’Adriatico fa segnare il punto più stretto della Penisola.
Da quel momento iniziarono i lavori di costruzione della Linea Gustav e con l’avvicinarsi del fronte, il Comando Tedesco decise di fortificare un’altra linea difensiva, la linea Hitler, che successivamente cambiò il nome in Linea Senger.
I lavori cominciarono nel dicembre 1943 e fu costruita con l’aiuto del contingente di Croazia e della Organizzazione Todt come una linea continua che aveva delle trincee, rifugi, impostazioni di mitragliatrici e filo spinato largo 10 metri, fossati anticarro e mine. Le fortificazioni cominciavano da Piedimonte San Germano, alle pendici di Monte Cairo, passavano per Aquino e attraversavano Pontecorvo, nella Valle del Liri.
Fred Majdalany che partecipò alla battaglia come ufficiale di una divisione indiana, in uno dei più celebri libri, scrisse che le due linee difensive “funzionavano come una porta oscillante, il cui perno era il monte di Cassino. Se forzata, poteva oscillare, attraverso la Valle invasa, fino alla linea Hitler, fermo restando il Monte di Cassino come cardine e punto fermo. Poi poteva essere staccata dai gangheri e collocata, due o tre chilometri indietro, su un nuovo cardine, Piedimonte; e Piedimonte, città-fortezza su una collina rocciosa, sarebbe diventata la nuova Montecassino”.
L’esodo: lo sfollamento della popolazione civile
Per poter costruire la linea difensiva fu attuato il piano di sgombero con un’evacuazione forzata della popolazione, ciò avvenne a Piedimonte nel mese di novembre del 1943 e marzo 1944.
Il piano di sfollamento era stato concordato tra il Comando tedesco ed il capo della Provincia di Frosinone, Arturo Rocchi e prevedeva il graduale spostamento della popolazione civile dell’area del fronte di Cassino verso i 3 centri di raccolta di sfollati a Ceprano, Ferentino e Alatri e poi trasferimento al nord con i treni.
L’addio al paese natio, alle dolce casa e alle cose care fu straziante
Raffaele Nardoianni
Il piano naufragò poiché i continui bombardamenti avevano creato difficoltà negli spostamenti, c’era carenza di carburante e mancanza di approvvigionamenti per i centri di raccolta.
Il primo sfollamento avvenne a Piedimonte San Germano la mattina del 27 novembre 1943 quando soldati delle SS si presentarono nella cittadina e radunarono la popolazione nella piazza principale, in un clima di incertezza iniziò un viaggio verso l’ignoto, furono smembrati interi nuclei familiari: malati, anziani e bambini caricati come pacchi sui camion.
La più toccante testimonianza di quel giorno è riportata in un libro di uno dei testimoni dell’epoca, l’avvocato Raffaelle Nardoianni, che in uno straordinario e commovente racconto di quel triste periodo, Piedimonte San Germano nella voragine di Cassino, descrive il dramma dei civili:
“La piazza Vittorio Veneto sembrava una bolgia infernale, dove il pianto sommesso si univa agli urli accorati e dove le invocazioni degli infelici venivano sopraffatte dalle bestemmie di quegli sgherri. Appena i primi torpedoni, stracarichi di quella povera gente , si misero in partenza, un clamore si levó fino al cielo. Era il clamore di quelli che partivano e di quelli che restavano ancora fermi lì, nella piazza, o sugli autocarri. Grida di addio si udivano fortissime, grida che superavano il rombo stesso dei motori. Tutti, vecchi, e giovani, donne e bambini , ricchi e poveri, piangevano disperatamente”
Ancora più intenso il racconto dei camion che lasciavano il paese per una destinazione sconosciuta, con famiglie divise e tanti che tentavano la fuga sulle montagne.
“Tutte le macchine, di mano in mano, partirono in quel grigio mattino portando seco un carico di dolori, di infelicità, di disperazione. L’addio al paese natio, alle dolce casa e alle cose care fu straziante. Era meglio la morte! Quei carichi umani viaggiavano senza conoscere la sorte, senza conoscere la sorte che attendeva Piedimonte, senza conoscere la sorte che doveva toccare a quelli che, in quel mattino, riuscirono a sfuggire alla orribile cattura”
I bombardieri alleati puntano su Piedimonte San Germano
Con lo sgombero della popolazione civile, tutta l’area intorno a Cassino divenne campo di battaglia, questo sistema difensivo, consentiva ai tedeschi di organizzare un’argine, nel caso di sfondamento della linea principale. I lavori iniziarono a dicembre 1943 e furono intensi.
Questa situazione preoccupava gli Alleati che erano al corrente dei piani tedeschi, avevano creato un reparto addetto all’individuazione delle postazioni nemiche.
Prima di ogni bombardamento venivano effettuate le ricognizioni e poi le foto affidate al Target Section della Quinta armata che studiava le foto per stabilire i punti da colpire.
Quando gli Alleati sferrarono l’attacco dietro le colline del Monastero di Montecassino, alla fine di gennaio 1944, i bombardieri presero di mira Piedimonte. Con l’arrivo del II Corpo neozelandese sul fronte di Cassino, il piano del generale Alexander prevedeva di prendere il monastero e puntare nella valle del Liri. Per impedire che i tedeschi potessero arretrare e costituire un’altra difesa poderosa sulla linea Hitler, i bombardieri puntarono sulla cittadina caposaldo della Linea Hitler-Senger. ” Oggi è stata bombardata pesantemente Piedimonte“, scrisse il New York Times l’8 febbraio 1944.
La notizia viene confermata da fonti orali, Raffaelle Nardoianni, nellle sue memorie sullo sfollamento scrive che tre nuclei familiari si erano insediati in un casolare alle pendici del Monte Cairo, quel giorno i bombardieri colpirono ogni tipo di postazioni e fecero saltare una vecchia casa alle pendici della montagna, morirono 14 persone, tra cui il maresciallo dei Carabinieri e la sua famiglia. Il maresciallo Antonino Terlizzi si era rifugiato sulle montagne perchè non aveva voluto combattere al fianco dei tedeschi
Dopo il completo fallimento del bombardamento di Montecassino del 15 febbraio 1944, che aveva inutilmente distrutto l’antica Abbazia benedettina consentendo ai tedeschi di organizzare una difesa sulle macerie, Piedimonte diventava uno degli obiettivi del nuovo piano aereo organizzato per sfondare la linea difensiva.
Il piano predisposto dal capitano David Ludlum prevedeva l’utilizzo dell’esercito e delle forze aeree per distruggere la città di Cassino e permettere l’ingresso nella Valle del Liri ai mezzi corazzati.
Pevista inizialmente per il 22 febbraio, l’operazione Ludlum ebbe inizio il 15 marzo ed era strutturata in 4 punti, oltre all’ordine di radere al suolo la città di Cassino, prevedeva di colpire le postazioni sulla linea Hitler-Senger, bloccare i rifornimenti e le comunicazioni sul fronte di Cassino. Tutti i paesi del territorio furono bombardati a partire dal 15 marzo: Piedimonte, Aquino, Pontecorvo, Pignataro, Ceprano.
Prima dei bombardamenti le ricognizioni aeree permettevano agli Alleati di individuare i punti da bombardare: installazioni nemiche, ferrovie e vie di comunicazioni con il fronte di Cassino.
Secondo una ricognizione aerea del 10 marzo 1944, Piedimonte era distrutta al 50% e le comunicazioni ferroviarie erano danneggiate, furono individuati altri obiettivi da colpire. Il piano fu eseguito e il 16 e 24 marzo Piedimonte subì pesanti bombardamenti.
La battaglia di Piedimonte San Germano 19-25 maggio 1944
La maggior parte degli storici identifica con il 18 maggio 1944, giorno della conquista di Montecassino, la data decisiva che consentì alle truppe alleate di sfondare la Linea Gustav e puntare su Roma; ma in realtà la battaglia non era terminata perché i tedeschi si ritirarono sulla seconda posizione di difesa: la Linea Hitler-Senger. E Piedimonte San Germano rappresentava il punto di congiunzione e cardine delle due linee difensive e la sua posizione strategica, collocata su un colle al fianco della Valle del Liri, consentiva alle truppe tedesche di controllare la via Casilina ed impedire all’VIII Armata britannica di proseguire verso Roma.
Il generale Anders, necessariamente, dovette riorganizzare le truppe, stanche e logorate da una battaglia infernale che era costata un numero altissimo di soldati, sacrificati per la conquista di Montecassino. Attuò la seconda parte del piano che prevedeva di penetrare nel punto di congiungimento delle due Linee difensive. Il Comando polacco lanciò due offensive verso Pizzocorno e Monte Cairo, da una parte, e Piedimonte San Germano, dall’altra.
Fu costituito un reparto speciale con il compito di espugnare l’abitato. L’ordine dato da Anders era “Catturare Piedimonte” e proteggere le truppe britanniche che avanzavano sulla statale Casilina.
“Questa città è divenuta una piazzaforte terribilmente munita: la più moderna possibile. Un “pill-box” dopo l’altro: ogni casa, ogni cantina, ogni stalla è stata sfruttata”, scriveva il polacco Julian Krycki
Il 19 maggio 1944 iniziò la dura battaglia di Piedimonte. La tensione non si era allentata perché i tedeschi avevano trasformato la cittadina in una roccaforte inespugnabile, fortificando quasi ogni casa e costruendo una serie di ricoveri in cemento armato per artiglieri e mitragliatrici. Dal 19 al 25 maggio i polacchi sferrarono quattro attacchi premendo incessantemente sulle posizioni tedesche, ma era arduo, sotto il fuoco incessante del nemico, procedere con i carri armati sulle pendici del paese o avanzare all’interno dell’abitato lungo strade strette e tortuose.
La lotta per Piedimonte non si può descrivere; ogni metro ha la sua leggenda, ogni casa ha la sua storia
Julian Krycki
Era un’impresa difficilissima snidare i tedeschi dalle barricate poiché, forti della loro tradizione militare, avevano formato una barriera infernale tra le mura della cittadina, sviluppatasi su terrazzamenti disposti secondo l’andamento del pendio collinare.
Quando, la notte tra il 24 e 25 maggio 1944, i fanti polacchi si impadronirono dell’abitato, trovarono solo macerie, cadaveri di soldati e carogne di animali uccisi. Piedimonte San Germano era stata completamente distrutta, l’antica cittadina che sorgeva sulla collina contornata di ulivi era un cumulo di macerie.
Il celebre fotografo Federico Patellani documenta la completa distruzione di Piedimonte: un ammasso di rovine
Passato il fronte e terminata la guerra, a Piedimonte e in tutto il territorio circostante rimanevano solo macerie, malattie e devastazioni. A documentare la catastrofe della guerra e il dramma dei civili, fu il grande maestro del fotogiornalismo Federico Patellani, che aveva intrapreso un viaggio al sud per raccontare le macerie e la ricostruzione.
Nei suoi intensi e straordinari scatti, Patellani documenta la desolazione delle macerie a Piedimonte San Germano, la devastazione della natura, ma cerca di cogliere anche il senso del riscatto e della ripresa, seppur lenta.
Nel paesaggio ricoperto di polvere la vita ha ripreso lentamente, ribelle e rabbiosa
Federico Patellani
Nonostante la sofferenza, nella sua popolazione rifugiatasi nelle grotte del territorio o sulle montagne circostanti o sfollata al Nord, rimaneva intatto il desiderio di tornare a vivere e lavorare nella terra dei propri avi, come ben riconosciuto nella motivazione con la quale la Presidenza della Repubblica, l’8 febbraio 2001, ha conferito a Piedimonte San Germano la medaglia d’argento al merito civile:
“Situato in posizione nevralgica, durante l’ultimo conflitto mondiale, subì violenti bombardamenti che provocarono numerose vittime e la distruzione della totalità dell’abitato. La popolazione tutta che, con indomito coraggio, aveva contribuito anche alle formazioni partigiane, intraprendeva poi la difficile opera di ricostruzione, offrendo nobile esempio d’elette virtù civiche e generoso spirito di solidarietà”.
BIBLIOGRAFIA
Raffaele Nardoianni, Piedimonte San Germano nella voragine di Cassino, Associazione Antares, Piedimonte San Germano 2004
Julian Krycki, Armata silenziosa, Editrice Faro, Roma 1945
Erik Jankowski, Da Montecassino a Piedimonte S. Germano: lo sfondamento della Linea Hitler. Diario di guerra di un ufficiale polacco, Associazione Antares, Piedimonte San Germano 2007
Alberto Turinetti Di Priero, I carri armati polacchi a Piedimonte San Germano (20-25 maggio 1944), www.dalvoltunoacassino.it