Storia Antica e Archeologia

Campania, la Taverna San Cataldo di San Pietro Infine, dove soggiornarono Carlo III e Francesco I di Borbone.

L’antica Taverna San Cataldo (1) si trova lungo la Casilina, proprio in corrispondenza del bivio di San Pietro Infine in Campania. La struttura è orientata lungo il viottolo che rimarca il tracciato romano dell’antica Via Latina. Fino agli anni ’80 del secolo scorso è stata erroneamente identificata come Taverna posta nel sito di “Ad Flexum”, che invece si trova spostato a 700 metri più ad est. L’epoca di costruzione della Taverna non si conosce ma, da un’analisi stilistico architettonica, si può far risalire ad un periodo compreso dalla fine del Seicento inizi del Settecento. La sequenza di corpi di fabbrica aggiunti nel tempo, in successione est-ovest, testimoniato dalle differenti quote di accesso alla struttura, ci fanno capire che la Taverna ha avuto più volte modifiche e aggiunte nel tempo. Accanto a tale edificio vi era la chiesetta di San Cataldo, risalente al XII-XIII sec., da cui la Taverna prende il nome, ora completamente distrutta.
L’elemento architettonico più importante che caratterizza la Taverna San Cataldo di San Pietro Infine è il portale in pietra viva con stemma nobiliare e lapide commemorativa, di epoca Borbonica. Il vano del portale ha ampiezza pari a 2,10 metri ed è alto 2,75 metri. Le ante laterali, sono formate da quattro grossi blocchi lapidei modanati. L’arco a tutto sesto, leggermente ribassato, è formato da cinque grossi conci calcarei dello spessore delle ante sottostanti e di grandezza digradante verso il concio di chiave. Quest’ultimo, più piccolo degli altri, contiene un bassorilievo che riproduce l’emblema nobiliare.

Lo Stemma raffigura due felini affrontati separati da un pino, che si presenta lacunoso nella parte inferiore del tronco. I felini, forse pantere, ma più probabilmente leonesse, si ergono sulle due zampe posteriori affiancate, poggianti sulla sommità di due rocce, che in realtà sono due grosse pigne. Le leonesse mettono in bella mostra i loro temibili artigli delle zampe anteriori mentre dalle loro fauci sporgono le lingue che sembrano punte di lance. Lo stemma ha una lacuna in basso a sinistra, proprio in corrispondenza delle zampe inferiori della leonessa di sinistra e della base del pino. Il pino è l’albero araldico più frequente, è anche il meglio rappresentato, soprattutto quando si tratta del Pino domestico o d’Italia (Pinus pinea), con la sua inconfondibile chioma ad ombrello o “parasole”. Albero e pigne simboleggiano antica nobiltà, benignità e perseveranza.
L’epigrafe, posta al di sopra e in asse al portale, è incisa su una lastra di pietra formata da due pezzi sovrapposti. In totale la lapide misura 155×164 cm, comprese le modanature presenti sui due lati verticali e su quello inferiore. Nella parte superiore la modanatura manca perché sormontata da una cornice aggettante, alta 16 cm, purtroppo monca di quasi tutta la metà sinistra. Contenuta nella parte centrale della sommità dell’intera lapide vi è una corona in altorilievo.

L’epigrafe, danneggiata durante la Seconda Guerra Mondiale, ci fa sapere che: Francesco I, re delle due Sicilie, Pio, Felice, Augusto, P. P. (Patres Patria), nel dirigersi verso Venafro, quando era ancora principe dei giovani, nel mese di […] dell’anno 1824 per una battuta di caccia, si fermò in questo luogo, dove l’avo d’immortale memoria (Carlo di Borbone, poi divenuto Carlo III, re di Spagna) si era fermato per un po’ di tempo per riprendere le forze col riposo e la tavola dopo aver sconfitto il nemico a Velletri (nel 1744), e dove si era già fermato dieci anni prima, e cioè nel mese di aprile del 1734. Giuseppe Spallieri legato alla discendenza dei Borbone per l’eternità a ragione di tanta considerazione, pose questa iscrizione a testimonianza del proprio animo grato e ossequioso, nell’anno 1826.

La lapide, realizzata nel 1826, fu voluta, quindi, da Giuseppe Spallieri, proprietario della Taverna, per commemorare il soggiorno nella Taverna, effettuato due anni prima, cioè nel 1824, da Francesco I di Borbone, quando era ancora principe (diventerà Re delle Due Sicilie l’anno dopo, nel 1825), come degna per soggiornarvi, mentre andava a caccia a Venafro. Nell’epigrafe si ricorda ai viandanti e ai clienti come la Taverna, fu scelta anche da Carlo di Borbone, prima nel mese di aprile del 1734, e poi nel 1744, quando vi si fermò per riposarsi e rifocillarsi, al ritorno vittorioso della battaglia di Velletri.
Da notare che nell’epigrafe il nome di Carlo III non compare, se non sottinteso, ciò, probabilmente, per l’accortezza di Giuseppe Spallieri che, pur tenendoci a ricordare la permanenza presso la Taverna di Carlo III, non voleva sminuire l’importanza di Francesco I, regnante nell’anno di realizzazione dell’epigrafe.

(1) Cfr. M. Zambardi, “La Taverna San Cataldo di San Pietro Infine”, in Studi Cassinati, Anno VIII, n. 3, Lug. – Sett. 2008, pp. 181-192.

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