Il Museo Campano di Capua fu fondato dal canonico Gabriele Iannelli nel 1870 e aperto al pubblico quattro anni dopo. Definito da Amedeo Maiuri “il più significativo della civiltà italica della Campania”, accoglie reperti, monumenti e documenti di preziosità incalcolabile.
E’ situato nello storico Palazzo Antignano, la cui fondazione risale al IX secolo e che incorpora le vestigia di San Lorenzo ad Crucem, una chiesetta di età longobarda, visibile sotto l’arco che, scavalcando una strada,unisce le due parti dell’edificio.
Palazzo Antignano
A metà quattrocento Francesco Antignano, membro di una famiglia legata al re Alfonso d’Aragona, ampliò questo palazzo, conferendogli l’attuale aspetto, e dal 1874 esso è sede del Museo, con l’aggregazione nel 1940 del vicino ex Monastero della Concezione.
Il Museo, tra i più importanti della regione, conserva reperti dell’antica Capua, dall’epoca etrusca a quella romana, ed è diviso in tre sezioni: la sezione medievale, quella moderna e la pinacoteca, ed ha annessa una ricca biblioteca con un archivio storico. Sono conservati monumenti ed oggetti ceduti o donati dai comuni dell’antica Terra di Lavoro (che comprende anche il territorio dell’attuale Basso lazio) come stabilito dalla Commissione Conservatrice di Terra di Lavoro, istituita con Regio Decreto, il 21 agosto, presieduta dal Prefetto della Provincia e composta da dodici membri.
Le Matres Matutae
Il fiore all’occhiello del Museo Campano è rappresentato dalle famose sculture in tufo note come Matres Matutae, degli ex voto dedicati alla dea della fertilità, la dea Matuta da cui prendono il nome, datati dal VI al II secolo a.C. Queste statue rappresentano un’offerta propiziatoria e l’espressione di un ringraziamento per la concessione del sommo bene della fecondità, e raffigurano donne sedute con bambini tra le braccia( due delle madri ne sorreggono addirittura 12!), nell’atto di offrire sé stesse e la loro prole alla divinità tutelare del tempio presso cui sono state ritrovate. Infatti vennero alla luce nel 1845, durante uno scavo eseguito per lavori agricoli nel terreno di proprietà del signor Patturelli nell’attuale Curti, ove sorgeva un tempio dedicato alla grande madre Iovia Damusa o Bona Dea, patrona delle partorienti, che alcuni studiosi hanno identificato con Cerere, dea della crescita, con riferimento alla fertilità non solo agraria, ma anche animale ed umana, altri con la Mater Matuta, onorata a Roma con le feste Matralie.
Le epigrafi dell’agro campano
Lungo il percorso espositivo del Museo si possono ammirare inoltre: il Lapidario Momsen, che dopo quello del Museo Nazionale di Napoli, è la più ricca raccolta di epigrafi dell’agro campano; terrecotte architettoniche e votive, vasi greci e italici, manufatti in bronzo e ferro, mosaici e statue provenienti dalla Porta di Federico II a Capua.
I dipinti
Dalle chiese cittadine provengono dipinti di Bartolomeo Vivarini, Cristoforo Scacco, Giacomo del Po, Francesco Liani, Giuseppe Marullo,conservati nella Pinacoteca, sulla cui parete di fondo è sistemato un grande affresco staccato proveniente dalla chiesa di S. Salvatore Piccolo di Capua, datato alla fine del XIII secolo.
La Biblioteca
Nei pressi della sezione medievale, è situata la biblioteca che, arricchita nel corso del tempo da cospicue e preziose donazioni, si qualifica come una delle più notevoli del meridione, con un contingente bibliografico di oltre 70.000 unità ( tra volumi, pergamene, riviste, manoscritti, opuscoli, stampe e carte geografiche),e che comprende l’emeroteca che conserva, oltre all’ intera collezione del quotidiano “il Mattino”, più di 250 testate di periodici pubblicati in Terra di Lavoro dal 1848, e l’Archivio Storico Capuano, che raccoglie gli atti pubblici della città dalla fine del XV secolo a quella del XIX e che è un’insostituibile testimonianza della vita civile, amministrativa e politica di uno dei centri più importanti del Meridione d’Italia.
Erica Diana