Otto milioni di bambini nello Yemen non hanno accesso alle cure sanitarie. Questa la denuncia contenuta nel nuovo rapporto di Save the Children,
l’Organizzazione internazionale dedicata dal 1919 a salvare i bambini in pericolo e a promuoverne i diritti, dal titolo “Lottare per la sopravvivenza”, che riporta le testimonianze di medici e genitori nel paese devastato dalla guerra.
Secondo il rapporto, il tasso di mortalità infantile nel paese è in aumento: almeno 1219 bambini sono morti come risultato diretto dei combattimenti, ma ad essi si aggiungono 10.000 persone che hanno perso la vita per cause indirette legate al conflitto, come la cronica mancanza di forniture mediche e di personale.
Il sistema sanitario nello Yemen è al collasso: più di 270 strutture sanitarie sono state danneggiate a causa della guerra e, secondo le stime, più della metà delle 3.500 strutture sanitarie sono
attualmente chiuse o solo parzialmente funzionanti. A tutto ciò si aggiunge la carenza di personale qualificato in tutto il paese, poiché gli operatori sono stati costretti a fuggire dal paese.
“Anche prima dell’inizio del conflitto erano decine di migliaia i bambini che morivano nello Yemen per cause prevenibili e curabili, ma ora sono circa 1.000 bambini che ogni settimana perdono la vita a causa della malnutrizione, della diarrea o di infezioni alle vie respiratorie”, spiega Edward Santiago, Direttore di Save the Children nello Yemen. “I genitori sono
senza lavoro a causa della guerra e non riescono a garantire la sussistenza della famiglia. Molti di loro ci raccontano che sono stati costretti a vendere i loro beni, come i gioielli, le auto, le bombole a gas e la terra, soltanto per potersi permettere il viaggio verso l’ospedale. In molti hanno dovuto chiedere prestiti. Una volta arrivati negli ospedali, però, spesso non possono permettersi il costo dei farmaci più urgenti di cui hanno bisogno i bambini o addirittura gli ospedali non hanno a disposizione i farmaci salvavita necessari”.
Da quando è iniziato il conflitto il prezzo della maggior parte dei farmaci è aumentato del 300%, secondo Hilel Mohammed al-Bahri, vice-direttore dell’ospedale Al-Sabeen Hospital di Sana’a, rendendoli di fatto inaccessibili sia alle strutture che alle famiglie. “Non possiamo permetterci di acquistare medicine e di pagare lo stipendio a medici e staff.
Contiamo solo sul modesto reddito dei pazienti che ancora pagano le tasse. Ma se abbiamo bisogno di manutenzione o di un pezzo di ricambio per le strutture ospedaliere, non abbiamo il denaro necessario. Non abbiamo i ricambi per le attrezzature. Solo i bambini di meno di nove mesi possono essere messi in terapia intensiva, mentre, per i più grandi non abbiamo posto: ci sono solo 20 letti per ogni unità di terapia intensiva, ma nella zona siamo l’unico ospedale pediatrico”, spiega Hilel Mohammed al-Bahri.
Con l’incremento delle necessità, i pochi letti e le poche incubatrici disponibili, i bambini e i neonati vengono allontanati dalle strutture o – come avviene nell’ospedale Al-Sabeen – vengono collocati in reparti dove sono ricoverati
anche bambini altamente infettivi, come i malati di morbillo, perché non vi sono reparti di isolamento.
Save the Children sta rispondendo a questa terribile crisi umanitaria, attraverso il sostegno di 60 strutture sanitarie, fornendo attrezzature essenziali, farmaci e formazione. Sono inoltre state messe in campo squadre mediche mobili, che forniscono interventi salvavita contro la malnutrizione. Finora gli interventi hanno raggiunto 400.000 persone quest’anno, più della metà delle quali sono bambini.
Save the Children chiede che le parti in conflitto rimuovano ogni impedimento alle importazioni di forniture di beni essenziali per l’intervento umanitario, oltre a consentire l’accesso rapido e
senza ostacoli in tutto il Paese per interventi di aiuto alla popolazione.
Tutte le parti in conflitto sono tenute a rispettare gli obblighi che il diritto internazionale e i diritti umani prevedono e devono prendere misure immediate per porre fine alle
gravi violazioni contro i bambini. Tra queste l’uccisione e la mutilazione, il reclutamento e lo sfruttamento da parte delle parti in conflitto e infine gli attacchi agli ospedali.
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