Sono ancora troppo costose le università italiane e quelle del Nord si confermano le più care. Mediamente, per frequentare un ateneo del nostro Paese si spendono dai 530,93 euro, se si ha un reddito che rientra in I fascia, fino ai 2.246,50 euro in V fascia. Sono i dati diffusi l’Onf-Osservatorio Nazionale Federconsumatori che, in vista dell’apertura dell’anno accademico 2015-2016, ha realizzato il 6° Rapporto Nazionale sui costi delle università italiane. I costi, rispetto al 2014, sono rimasti pressoché invariati, evidenzia il report.
Nel dettaglio, hanno subito una leggera flessione per quanto riguarda la I, la II e la III fascia. Le tasse per le ultime due fasce di reddito, invece, sono lievemente aumentate, rispettivamente del +0,44% e del +2,42%. Anche quest’anno le Università del Nord Italia risultano più costose rispetto alle altre: considerando i contributi previsti per la prima fascia gli importi medi nelle Università settentrionali risultano superiori del +16,79% rispetto a quelli in vigore nelle Università del Sud e del +15,47% rispetto alla media nazionale.
L’ateneo più caro tra quelli considerati nell’indagine si conferma l’Università di Parma: le tasse previste registrano una leggerissima flessione rispetto al 2014 (pari al -0,35%), ma restano comunque le più elevate, con importi di 736,68 euro per le facoltà umanistiche e 852,5 euro per quelle scientifiche per la prima fascia di reddito. Seconda classificate l’Università di Milano, che prevede contributi minimi di 711 euro per le facoltà umanistiche e di 788 euro per le facoltà scientifiche.
L’elemento che emerge con maggiore prepotenza, anche quest’anno, è l’impegno e l’onerosità dei costi delle rette universitarie. “Si tratta di importi insostenibili per le famiglie, specialmente vista la profonda caduta del potere di acquisto di queste ultime, diminuito di oltre il -13,4% dal 2008 ad oggi” rileva il report di Federconsumatori. “Alla luce di tali considerazioni -sottolinea- fa ancora più rabbia pensare a come il pagamento di tali importi sia estremamente squilibrato a causa del grave fenomeno dell’evasione fiscale, purtroppo ancora largamente diffuso nel nostro Paese nonostante il nuovo Isee”.
“È impensabile che il figlio di un evasore fiscale paghi meno del figlio di un operaio in cassa integrazione. È addirittura allucinante che il primo possa accedere e ottenere una borsa di studio della quale non ha alcun bisogno. Si tratta di una vera e propria truffa ai danni dello Stato, che deve essere contrastata in ogni modo” incalza Rosario Trefiletti, presidente di Federconsumatori. “È necessario, quindi, -afferma- effettuare maggiori controlli in tal senso, disponendo sanzioni severe per coloro che usufruiscono dei fondi riservati a chi davvero ne ha bisogno”.
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