Gli attentati che uno dopo l’altro continuano a scuotere la Turchia non hanno modificato la controversa agenda presidenziale del capo di Stato turco Recep Tayyip Erdogan, pur mettendone in luce tutte le debolezze.
La proposta di emendamento alla Costituzione che attribuisce alla figura presidenziale dei super poteri è passata al vaglio della commissione parlamentare per gli affari costituzionali e domani prossimo verrà presentata in Parlamento, con il Partito della giustizia e dello sviluppo (AKP) che tenterà ogni mezzo per ottenere almeno 330 voti necessari per aprire la strada del referendum costituzionale.
La fretta di Ankara nel voler abolire il sistema parlamentare va di pari passo con la situazione economica sempre più
allarmante del Paese e le crescenti difficoltà dell’esercito turco sul fronte siriano. Il Sud–Est a maggioranza curda resta lacerato dagli scontri tra gli autonomisti del PKK (Partito dei lavoratori del Kurdistan) e i militari turchi, che hanno causato centinaia di morti e sfollati.
Il clima sociale si fa sempre più teso, mentre continuano a sommarsi quotidianamente nuovi arresti alle migliaia di persone detenute dopo fallito golpe del 15 luglio corso. Intanto lo stato
di emergenza è stato protratto per altri tre mesi nei quali i diritti dell’uomo stabiliti dalla Convenzione europea
continueranno a essere sospesi. In questo contesto e tra mille polemiche Ankara si prepara a cambiare la Costituzione.
Se la Turchia andrà ad approvare un regime che concede “legalmente” la concentrazione del potere nelle mani di un’unica persona (il presidente Erdogan) ciò dipenderà in gran parte dai 39 deputati del MHP. L’AKP, che dispone di 316 parlamentari, deve trovare almeno 14 voti per raggiungere il quorum (330 seggi) necessario a portare la modifica costituzionale a referendum popolare. Devlet Bahceli, leader dei nazionalisti che negli ultimi mesi ha fatto espellere dal partito diversi nomi antagonisti, ha affermato di avere “un solo voto” e che voterà per il sì.
Nonostante l’intesa raggiunta tra l’AKP e il Partito di azione nazionalista (MHP) sulla proposta, non è ancora certo se ci
saranno defezioni nel MHP. Mentre alcuni osservatori escludono la possibilità che possa esserci un numero rilevante di deputati ribelli (per ora solo 4 hanno apertamente detto che voteranno per il no) il parlamentare nazionalista Zihni Acba, in un’intervista
alla testata online T24, ha sottolineato che ciascun deputato esprimerà il proprio voto “liberamente”. Non si esclude che nelle considerazioni del MHP potrebbe pesare la posizione negativa
della base elettorale del partito, il cui 64% risulta contrario.
Ma i problemi del progetto di riforma cominciano già dalla forma degli emendamenti. La prassi dei decreti omnibus tanto frequentemente adoperata dal governo turco per varare leggi che hanno sollevato numerose critiche negli anni passati, risulta ora
utilizzata dall’AKP.
Tuttavia, secondo la stampa locale, non mancano dubbi e disaccordi nemmeno all’interno dell’AKP. Murat Yetkin, su
Hurriyet, ha affermato che oltre alle perplessità su alcuni emendamenti strutturali ci sono importanti considerazioni di ordine sistemico e politico.
Riguardo a quelli sistemici, sulla
base di alcune indiscrezioni, Yetkin afferma che alcuni deputati dell’AKP non vorrebbero una figura presidenziale che fosse anche
leader di partito. Altri considererebbero molto rischiosa la concentrazione del potere giudiziario nelle mani dell’esecutivo (il presidente, dato che la figura del premier andrebbe abolita)
che avrebbe la facoltà di nominare direttamente o indirettamente (attraverso la maggioranza parlamentare del proprio partito) la maggior parte dei membri del Consiglio superiore della magistratura (HSYK).
Inoltre il ministro della Giustizia, a sua volta nominato dal presidente, passerebbe anche alla guida dell’HSYK, nominando giudici e procuratori secondo le indicazioni del presidente.
Altre preoccupazioni sul nuovo sistema riguarderebbero la facoltà del presidente di abolire il parlamento a propria discrezione, ma risulterebbero esserci discrepanze anche a livello politico tra
alcuni deputati AKP, tra quelli di origine curda in particolare, disturbati dalla stretta cooperazione con i nazionalisti del MHP.
Anche se l’AKP riuscisse ad avere i 330 voti necessari per il referendum, resterebbe da superare il vaglio popolare. Secondo il recente sondaggio della società Gezici il fronte del “no” si attestava lo scorso mese al 58%, un dato che include anche il 20% circa dell’elettorato AKP. Il piano B secondo alcuni analisti prevederebbe elezioni anticipate, da effettuarsi entro l’estate.
Proprio per evitare questo sviluppo, si ritiene che non ci saranno defezioni da parte dei deputati dell’AKP, che in una
simile eventualità non potrebbero più sperare di entrare nuovamente in Parlamento.
Resta un dato di fatto che nonostante
Erdogan abbia già da tempo acquistato un potere indiscutibile, per il presidente turco risulta ancora importante ricevere il consenso popolare riguardo al suo prossimo traguardo presidenziale. Il vero interrogativo è se riuscirà ad ottenerlo
anche questa volta.