La quasi totalita’ dei giovani tra i 20 e i 34 anni usa la rete, la grande maggioranza e’ presente sui social network. Tra questi, il 90,3 per cento ha un account su Facebook, segue Instagram con 56,6 per cento, Google+ con 53,9 per cento, Twitter 39,9 per cento.
Rilevante e’ anche la presenza su LinkedIn, piu’ orientato a profili professionali, che arriva al 22,4 per cento. Gli utenti di Pinterest arrivano al 20,4 e su Snapchat al 16,1 per cento (che sale al 27,4 per cento nella fascia piu’ giovane del campione, gli under 22). Piu’ di nicchia gli altri.
Sono questi i dati emersi dal Focus dell’Osservatorio Giovani dell’Istituto Giuseppe Toniolo sul tema ‘Diffusione, uso, insidie dei social network‘, condotta a gennaio 2017 su un campione di 2182 persone, rappresentativo dei giovani italiani di eta’ 20-34 anni.
Passando alle trappole e insidie nell’uso dei social, e’ interessante valutare esperienze di “trolling” atteggiamenti verso i “troll” (persone che intralciano il normale svolgimento di una discussione inviando messaggi provocatori, irritanti, falsi o fuori tema con lo scopo di disturbare, provocare reazioni forti negli altri agendo sia sui profili di comuni utenti, che di personaggi pubblici o sulle pagine di aziende e brand conosciuti).
Il 37,7% degli intervistati ne ha avuto esperienza indiretta assistendo ad episodi di trolling sui propri contatti.
L’esperienza diretta e’ dichiarata dal 13% degli intervistati.
Il 9,3% del campione dichiara di esserne stato anche responsabile. Il fenomeno riguarda, quindi, una minoranza non trascurabile di chi e’ presente sui social, con maggior esposizione di chi e’ piu’ attivo sui contenuti.
Come reagiscono le vittime? Le risposte piu’ frequenti sono due, che riflettono sia le situazioni diverse che si possono presentare, sia le caratteristiche della persona, sia cosa si e’ ha imparato dalle esperienze simili precedenti. Nel 60,8% dei casi la vittima ha rimosso il messaggio e autonomamente bloccato
l’utente senza mettersi a replicare alla provocazione.
In una percentuale rilevante (51,2%) si e’ provato a rispondere al messaggio sul proprio profilo in modo educato. Il 49,4% delle vittime ha, pero’, anche dichiarato che in alcune occasioni ha usato lo stesso tono aggressivo. Un ventaglio variegato, che dipende da molti fattori ma che indica anche come ci si senta in difficolta’ nella strategia di reazione. Un non trascurabile 31,6% delle vittime, non riuscendo a liberarsi dal troll, alla fine si e’ rivolto ad un legale.
Il 71,8% di tutti gli intervistati, concorda nel ritenere che i troll e comportamenti aggressivi di questo tipo rendano i Social un ambiente altamente inaffidabile. Questo vuol dire pero’ anche che c’e’ un 28,2% che concorda poco o per nulla con tale affermazione e tende quindi a sottovalutare l’impatto o a considerare il trolling come un aspetto imprescindibile della rete.
Il 34,8% degli intervistati concorda con l’idea che i troll agiscano in nome del diritto di liberta’ di espressione della rete. “La difficolta’ ad affrontare il fenomeno- afferma Alessandro Rosina, coordinatore dell’Indagine- in combinazione con l’idea che il web debba essere un luogo in cui esprimersi liberamente, porta molti ad accettare, pur senza necessariamente giustificare, alcuni comportamenti che minano la fiducia comune e la possibilita’ di relazione autentica in rete.
Un aspetto ambiguo di queste esperienze negative e’ che una parte di chi le subisce aumenta sensibilita’ e grado di attenzione, chiedendo maggiori strumenti per difendersi, mentre una parte minoritaria, ma non trascurabile, le accetta come ‘parte del gioco’ e rischia di prestarsi piu’ o meno inconsapevolmente a diventare complice della loro presenza endemica e diffusione”.
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