Il World Press Freedom Index 2017, analisi del report annuale di Reporter senza frontiere, avverte come la libertà di stampa non è mai stata così minacciata come oggi, nella “nuova era post-verità delle fake news” dopo le elezioni del presidente degli Stati Uniti Donald Trump.
Al primo posto la Norvegia, all’ultimo la Corea del Nord. In discesa Usa e Gran Bretagna, record di incremento nella classifica, invece per l’Italia, che ha guadagnato 25 posizioni salendo al 52esimo posto.
La situazione è giunta a “un momento critico”, secondo RSF’ secondo cui la libertà di stampa è stata minata dall’aumento della sorveglianza e dall’autoritarismo degli uomini forti in tutto il mondo. Sia gli Stati Uniti che la Gran Bretagna hanno perso posizioni nell’indice redatto da RSF, scendendo rispettivamente al 43esimo e al 40esimo posto (entrambi i Paesi in discesa di due posizioni rispetto all’anno precedente).
“La libertà di stampa è in pericolo” o in “una situazione molto grave”, secondo Reporter senza frontiere in ben 72 Paesi tra cui la Russia, l’India e la Cina. “Attacchi ai media sono diventati comuni e gli uomini forti sono in aumento. Siamo giunti all’era della post-verità, della propaganda e della soppressione delle libertà, specialmente nelle democrazie – aggiunge il report – L’ascesa al potere di Donald Trump e la campagna per la Brexit sono state caratterizzate da attacchi a media di alto profilo e da discorsi altamente tossici anti-media che hanno portato il mondo in un era della post-verità, della disinformazione e delle fake news”.
Nella classifica al primo posto troviamo la Norvegia, seguita sul podio da Svezia e Finlandia. All’altro capo dell’indice la Corea del Nord, “che continua a tenere la popolazione nell’ignoranza e nel terrore”, l’Eritrea, la Cina, la Siria e il Turkmenistan. L’Italia è 52esima in salita di 25 posizioni rispetto al 2016, grazie all’assoluzione di un gruppo di giornalisti nel caso Vatileaks II.
Ma RSF segnala le intimidazioni verbali e fisiche ai giornalisti e l’atteggiamento “inquietante” di alcuni politici “come Beppe Grillo del Movimento M5S” che “non esitano a comunicare pubblicamente l’identità dei giornalisti che li criticano”. Tra coloro che fanno passi indietro la Polonia (54esima) che sta “strangolando finanziariamente” la stampa d’opposizione e la Turchia che scende di quattro posizioni al 155esimo posto.
Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha “decisamente virato verso un regime autoritario” e ha fatto diventare la Turchia “la più grande prigione al mondo per i professionisti dei media”, secondo Rsf. La Russia di Vladimir Putin resta nelle parti basse della classifica al 148esimo posto. Poco più sopra, con 11 posizioni guadagnate in un anno, le Filippine al 127esimo posto, un risultato che deriva dal minor numero di giornalisti uccisi nel 2016.
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