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Pompei, scoperta intatta la stanza degli schiavi a Civita Giuliana

Pompei è la prova che quando l’Italia crede in se stessa e lavora come una squadra raggiunge traguardi straordinari ammirati in tutto il mondo. Questa nuova incredibile scoperta a Pompei dimostra che oggi il sito archeologico è diventato non soltanto una meta tra le più ambite al mondo, ma anche un luogo dove si fa ricerca e si sperimentano nuove tecnologie”. Lo ha detto il Ministro della Cultura, Dario Franceschini, commentando la nuova scoperta annunciata dal Parco Archeologico di Pompei, avvenuta a Civita Giuliana, la villa suburbana a nord di Pompei indagata dal 2017 e che ha già restituito un carro cerimoniale e una stalla con i resti di tre cavalli.

Dagli scavi della villa di Civita Giuliana emerge un nuovo ambiente in eccezionale stato di conservazione: la stanza degli schiavi. Lo scavo offre uno sguardo straordinario su una parte del mondo antico che normalmente rimane all’oscuro, dal quale affiora uno spaccato rarissimo della realtà quotidiana degli schiavi.

Il rinvenimento è avvenuto non lontano dal portico della villa dove, nel gennaio 2021, fu scoperto un carro cerimoniale attualmente in restauro. A pochi passi da lì emerge ora uno dei modesti alloggi degli addetti che si occupavano del lavoro quotidiano in una villa romana, inclusa la manutenzione e la preparazione del carro.

Nell’ambiente, dove sono state trovate tre brandine in legno, infatti, è stata rinvenuta una cassa lignea con oggetti in metallo e in tessuto che sembrano far parte dei finimenti dei cavalli. Inoltre, appoggiato su uno dei letti, è stato trovato un timone di un carro, di cui è stato effettuato un calco. I letti sono composti da poche assi lignee sommariamente lavorate che potevano essere assemblate a seconda dell’altezza di chi li usava. Mentre due hanno una lunghezza pari a 1,70 m circa, un letto misura appena 1,40 m per cui potrebbe essere di un ragazzo o di un bambino. La rete dei letti è formata da corde, le cui impronte sono parzialmente leggibili nella cinerite, e al di sopra delle quali furono messe coperte in tessuto, anch’esse conservate come cavità nel terreno e restituite attraverso il metodo dei calchi. Al di sotto delle brandine si trovavano pochi oggetti personali, tra cui anfore poggiate per conservare oggetti, brocche in ceramica e il “vaso da notte.”

L’ambiente era illuminato da una piccola finestra in alto e non presentava decorazioni parietali. Oltre a fungere da dormitorio per un gruppo di schiavi, forse una piccola famiglia come lascerebbe intuire la brandina a misura di bambino, l’ambiente serviva come ripostiglio, come dimostrano otto anfore stipate negli angoli lascati appositamente liberi per tal scopo.

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