Attraverso una selezione di opere di grande prestigio provenienti da collezioni italiane e straniere i Musei Capitolini rendono omaggio a Luca Signorelli uno dei più grandi protagonisti del Rinascimento italiano.
Nell’avvicinarsi dell’anniversario dei Cinquecento anni dalla morte di Raffaello, i Musei Capitolini rendono omaggio a Luca Signorelli (Cortona, 1450 ca. -1523). Viene così celebrato, per la prima volta a Roma, uno dei più grandi protagonisti del Rinascimento italiano, la cui altissima parabola pittorica è stata oscurata solo dall’imponderabile arrivo di due giganti della generazione successiva: Michelangelo (1475-1564) e Raffaello (1483-1520), che al maestro di Cortona si erano però ispirati per raggiungere quell’insuperabile vertice della pittura che gli stessi contemporanei gli attribuirono.
Come scrisse infatti Giorgio Vasari, Luca Signorelli «fu ne’ suoi tempi tenuto in Italia tanto famoso e l’opere sue in tanto pregio, quanto nessun altro in qualsivoglia tempo sia stato già mai».
Attraverso un’attenta selezione di circa 60 opere di grande prestigio provenienti da collezioni italiane e straniere, molte delle quali per la prima volta esposte a Roma, l’esposizione intende mettere in risalto il contesto storico artistico in cui avvenne il primo soggiorno romano dell’artista e offrire nuove letture sul legame diretto e indiretto che si instaurò fra l’artista e Roma.
Il percorso, organizzato in sette sezioni, parte da un’introduzione sull’errore vasariano del vero volto dell’artista, rappresentato nelle due diverse sembianze dai Busti realizzati da Pietro Tenerani (Museo di Roma) e da Pietro Pierantoni (Musei Capitolini, Protomoteca).
I visitatori vengono poi accompagnati nella Roma del pontefice Sisto IV (1471-1484), fra le Antichità Capitoline, e davanti ad alcune opere del Maestro in cui monumenti, antichità cristiane, e statuaria classica osservati a Roma rivivono o vengono rievocati, come il Martirio di san Sebastiano (Pinacoteca Comunale di Città di Castello), il Cristo in croce e Maria Maddalena (Galleria degli Uffizi), il tondo di Monaco e la pala di Arcevia.
Il percorso prosegue all’interno della Cappella Nova di Orvieto, ricostruita attraverso un gioco di riproduzioni retroilluminate, per giungere davanti ad alcuni suoi capolavori sul tema della grazia e dell’amore materno, fra cui la Vergine col Bambino del Metropolitan Museum of Art di New York e la preziosa tavola di proprietà della principessa Pallavicini. Seguono poi le sezioni dedicate al soggiorno di Signorelli a Roma sotto il pontefice Leone X (1513-1521) e ai suoi rapporti con Bramante e Michelangelo.
A conclusione della visita, un capitolo è dedicato alla riscoperta del Maestro tra Otto e Novecento nell’arte, nella letteratura e nel mercato antiquario, con la Flagellazione (Galleria Giorgio Franchetti alla Ca’ d’Oro, Venezia) e la Madonna col Bambino fra quattro santi e angeli (Museo Nazionale di Castel Sant’Angelo)
Il nome del Maestro cortonese è legato alla città pontificia da una sola commissione documentata, l’affresco con il Testamento e morte di Mosè eseguito per la Cappella Sistina nel 1482. A Roma, infatti, Signorelli non ottenne quel riconoscimento che gli fu tributato in Umbria, nelle Marche e in patria, neppure quando nel 1513 fu eletto al soglio pontificio Leone X Medici, presso la cui famiglia era stato ‘a servizio’ a Firenze.
Se Roma non fu generosa con lui, fu proprio in seguito alle sue esperienze romane che Signorelli elaborò il linguaggio pittorico originale che contraddistinse sia la sua produzione giovanile sia quella matura, con la «perfetta fusione tra civiltà classica e cristiana». A Roma Signorelli ebbe occasione di conoscere direttamente le origini della cristianità e le sculture antiche: in particolare quelle già presenti sul Campidoglio, come lo Spinario – il celebre bronzo giunto sul colle capitolino nel 1471 con la donazione al popolo romano da parte di Sisto IV.
Dallo studio dell’Antico Signorelli ricavò un particolare repertorio tipologico di nudi maschili e una varietà di pose che rivivono nelle figure che abitano, come ‘comparse’, le sue scene dipinte. Nella sua continua evoluzione, ingredienti come dinamismo, tensione, animazione, classicità e grazia troveranno una perfetta fusione nel suo capolavoro assoluto: gli affreschi sulle pareti della Cappella Nova a Orvieto (1499-1504), una scuola per i grandi Maestri del Rinascimento.
Seppure considerato ai suoi tempi “in Italia tanto famoso e l’opere sue in tanto pregio”, Luca Signorelli cadrà nell’oblio e solo nel tardo Settecento e soprattutto nel XIX secolo, con l’affacciarsi delle correnti puriste e preraffaellite, gli artisti e la critica lo riscopriranno come uno dei precursori della più alta stagione del Rinascimento. Immagini tratte dagli affreschi della Cappella Nova nel Duomo di Orvieto, detta anche di San Brizio, saranno inserite nella prima monumentale storia dell’arte illustrata da Seroux d’Agincourt e copie dei capolavori di Signorelli saranno più volte incise e riprodotte. Nel 1816 Roma riconoscerà a Signorelli un posto d’onore, collocando il suo busto ritratto nel Pantheon; alla metà dell’Ottocento Signorelli sarà eletto fra coloro che resero grande la patria, con il ritratto eseguito da Pietro Tenerani, finalmente con la sua vera effigie.
Suggestioni signorelliane si riscontreranno anche in molti pittori del Novecento, tra cui Franco Gentilini e Corrado Cagli, mentre nel 1903 sarà edita in Italia la prima importante monografia scientifica (Girolamo Mancini, Vita di Luca Signorelli) e nel 1953 sarà aperta la prima retrospettiva curata da Mario Salmi, accompagnata da infuocate polemiche. Al 2012 risale l’ultima rassegna monografica sull’artista, a Perugia.
Oblio e fortuna caratterizzeranno la figura di Signorelli anche in rapporto al fenomeno del collezionismo dilagante tra Otto e Novecento. Le sue opere, molto ricercate dal mercato antiquario, cominceranno a fluttuare nelle mani dei grandi mercanti d’arte, che non avranno scrupoli a smembrarle e decontestualizzarle, rifornendo di “Signorelli” i nascenti musei degli Stati Nazionali o arredando con opere di Signorelli le case museo dei grandi magnati americani.
A partire dal 1903 la Direzione Antichità e Belle Arti del Ministero della Pubblica Istruzione tentò di arginare questo fenomeno di dispersione, includendo nel “Catalogo delle opere di sommo pregio appartenenti ai privati”, pubblicato in allegato alla prima legge nazionale di tutela (1902), la Madonna con Bambino fra angeli e santi della collezione Tommasi di Cortona e impedendone di fatto la progettata alienazione
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