L’Istat fotografa l’Italia, giustizia, lavoro, università, divorzi, fisco e altro.
L’auto si conferma il mezzo di trasporto di gran lunga preferito dagli italiani. Basti pensare che per andare al lavoro si mettono alla guida quasi 7 occupati su 10, precisamente il 68,9%. E’ quanto emerge dalla tabelle inserite nell’Annuario dell’Istat, con riferimento a dati del 2015.
Nel 2014 in Italia il tasso di occupazione è aumentato di 0,2 punti percentuali portandosi al 55,7% tra i 15-64enni, ma si tratta ancora di un “valore ampiamente al di sotto del dato medio dell’Ue“, dove il 64,8%, nella stessa fascia d’età, risulta occupato. Lo rileva l’Istat nell’Annuario statistico italiano. Fanno peggio solo Croazia e Grecia. Inoltre si “amplificano i divari territoriali”, dal 64,3% del Nord al 41,8% del Mezzogiorno.
L’esame di maturità e poi stop con gli studi. Cala la quota di diplomati che proseguono gli studi all’università. Il passaggio dalla scuola secondaria all’università (calcolato come la percentuale di Maturi che si iscrive per la prima volta all’università nello stesso anno in cui ha conseguito il diploma) diminuisce leggermente rispetto all’anno accademico 2012-13 (-0,4): sono poco meno della metà i diplomati del 2013 che si sono iscritti all’università (49,7%), con i valori più alti per Molise (56,2), Abruzzo (55,2) e Liguria (55,1). E’ quanto rivela l’Annuario statistico italiano 2015. I dati confermano pure la maggiore propensione delle ragazze a proseguire gli studi: le diplomate che si iscrivono a un corso universitario sono circa 55 su 100 contro appena 44 diplomati. Negli ultimi anni le donne rappresentano la maggioranza degli iscritti in tutte le tipologie di corso, in particolare in quelli magistrali a ciclo unico dove sono il 62,4%. Il percorso di studi delle donne si rivela generalmente più brillante; la quota di donne venticinquenni che nell’anno solare 2013 hanno conseguito per la prima volta un titolo universitario è al 39,6% (contro 25,5% degli uomini), mentre la percentuale di donne 25enni che concludono un ciclo lungo di studi conseguendo una laurea magistrale è del 23,6% contro il 15,3% degli uomini. Aumenta l’appeal dell’alta formazione artistica e musicale (accademie e conservatori): Nell’anno accademico 2013-2014 hanno registrato un incremento della partecipazione superiore al 10%. L’attrazione più forte è esercitata dalle Accademie di Belle Arti che raccolgono il 54,5% di tutti gli iscritti al settore.
Giustizia, criminalità e sicurezza – nell’annuario Istat 2015 – confermano uno spaccato del Paese preoccupante, anche se con qualche segnale positivo. Il carico dell’arretrato nel settore civile, pur registrando un calo del 3,3%, costituisce un vero e proprio ‘tappo’ con 4 milioni e mezzo di cause da smaltire, e nel settore penale le cose non vanno meglio con l’aumento dei reati che più destano allarme sociale, come i furti in casa, o il sovraffollamento delle carceri, una piaga non ancora superata. In particolare, per il contenzioso civile, i dati rilevati dall’Istat e relativi al 2013, segnalano una contrazione delle pendenze del 3,1% nei tribunali e del 9,6% presso le corti di appello. Nonostante ciò, le cifre reali sono ancora da brividi: i procedimenti civili in attesa del primo grado sono 4.501.021 (-3,3% rispetto al 2012). Gli uffici più intasati sono i tribunali con 3.157.893 procedimenti in stand by (70,2% del totale), seguono gli uffici del giudice di pace con 1.296.075 fascicoli (28,8% del totale) e le corti d’appello con 47.053 (1% del totale). Si marcia meglio nei Tar anche se servono pur sempre quasi 4 anni per l’esito di un giudizio amministrativo. Il picco dei 671.288 ricorsi pendenti del 2008 si è più che dimezzato: a fine 2013 i ricorsi giacenti erano 298.221, e la durata media era scesa a 3,8 anni mentre era di 9,6 nel 2008. Sempre grandi, pur se in calo, le cifre della ‘mala’ economia dolosa o figlia della crisi: nel 2014 il numero di titoli di credito protestati rispetto al 2013 ha segnato un -22,9%, ma il valore complessivo sfiora la ragguardevole cifra di 2 miliardi di euro, quanto l’aumento della spesa pubblica in sicurezza e cultura deciso dal governo Renzi dopo gli attentati di Parigi. Difficile, su questo fronte, anche il contrasto penale: quasi il 20% dei procedimenti per bancarotta, a causa del taglio della prescrizione, viene archiviato quando ancora è in Procura. La mappatura della tipologia dei reati di cui si ha notizia – quasi tre milioni – indica un aumento dei reati contro il patrimonio, per lo più vandalismi, e un calo di quelli contro la persona. Nel dettaglio, l’Istat rileva che nel 2013, sono stati 2.892.155, circa 48 ogni mille abitanti, i delitti denunciati dalle forze di polizia all’autorità giudiziaria, in aumento del 2,6% rispetto al 2012. Diminuiscono gli omicidi volontari consumati (-4,9%) e, al loro interno, quelli di tipo mafioso (-23,5%), tornano ai livelli del 2011. In calo anche i tentati omicidi (-7,9%), le lesioni dolose (-4,6), le violenze sessuali denunciate (-4,3%) e lo sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione (-10,4%). Truffe e frodi informatiche registrano un deciso aumento (+20,4%), in crescita estorsioni (+6,3%), rapine (+2,6%) e furti (+2,2%) e per quelli in abitazione l’Istat rileva che hanno segnato +48,6% nel periodo 2010-2013. Gli uomini mantengono il primato della delinquenza: su un totale di 300.381 persone iscritte nel casellario giudiziale centrale nel 2014, la percentuale di uomini è sempre nettamente maggiore, qualunque sia il reato commesso. Sono uomini l’82,2% dei condannati per delitto, percentuale che supera il 90% per omicidio volontario (96,5%) e droga (92,3%). Stabile il ricorso a misure alternative alla detenzione: alla fine del 2014 sono 25.756 tra affidamento in prova al servizio sociale, semilibertà, detenzione domiciliare, libertà vigilata, libertà controllata, semidetenzione, in aumento dell’1,7% rispetto all’anno precedente. Le misure più applicate sono l’affidamento in prova al servizio sociale (46,6%) e la detenzione domiciliare (36,7%). Su 100 misure alternative in corso nel 2014, otto riguardano le donne e 15 gli stranieri. Nelle carceri si contano 53.623 persone alla fine del 2014, novemila in meno rispetto al 2013 (-14,3%) una deflazione in linea con gli ultimi dati del Ministero della giustizia che al 30 novembre 2015 conta 52.636 detenuti. Il trend decrescente è dovuto, segnala l’Istat, al “maggior accesso alle misure alternative” e alla “forte limitazione degli ingressi in carcere per i reati di gravità minore”. Tra il dicembre 2010 e la fine del 2014, 15.814 detenuti sono stati mandati ai ‘domiciliari’. Quasi un detenuto su tre è straniero (32,6%), uno su quattro è tossicodipendente, il 27,1% svolge un’attività lavorativa, nella maggior parte dei casi alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria. L’indice di affollamento delle carceri (rapporto tra detenuti presenti e posti letto previsti) è in forte discesa nel 2014, passa da 131 dell’anno precedente a 108. Rimane però una forte differenza territoriale: sono solo otto (comprese le due province autonome di Trento e Bolzano) le regioni con un indice di affollamento inferiore a 100. La regione con il maggiore sovraffollamento è la Puglia (138 detenuti per 100 posti letto regolamentari), seguono Lombardia, Friuli-Venezia Giulia e Veneto, con valori tra 129 e 127.
Aumentano i matrimoni in frantumi e le coppie che si sono lasciate, nel 2013, sono state 161.610, pari al 6,3% in più rispetto al 2012, rileva l’Istat nell’annuario 2015 misurando la ‘temperatura’ della vita coniugale italiana. I numeri, però, come tutti quelli del settore civile, sono da prendere un po’ con le ‘molle’ perchè – avvisa l’Istituto nazionale di statistica – nel 2013 c’è stata l’attuazione della riforma della geografia giudiziaria che ha soppresso i piccoli tribunali, ossia le sedi distaccate. A causa di questa ‘rivoluzione’, è successo che i procedimenti iscritti nelle sedi minori sono stati computati come “nuovi sopravvenuti” quando hanno traslocato presso il tribunale ‘accorpante’ e sono stati conteggiati come “esauriti” negli uffici soppressi. In sostanza, una stessa quota di fascicoli è stata calcolata sia tra le pendenze traslocate sia tra i faldoni smaltiti. “Ciò impone – sottolinea l’Istat – la massima cautela nei confronti con gli anni precedenti con riferimento ai totali di cognizione e complessivi sia dei sopravvenuti sia degli esauriti, poichè i totali della cognizione ordinaria di primo e secondo grado delle sezioni distaccate sono stimati”. Fatta questa premessa, i dati – anche se “stimati” – indicano che le separazioni consensuali aumentano dell’8,2% e costituiscono il 43,3% delle modalità di addio scelte dalle coppie che si lasciano, quelle giudiziali sono il 20,6%.