Con 300 ospiti da 140 Paesi e 4 continenti, prende il via Internazionale a Ferrara, il festival con i giornalisti di tutto il mondo con un obiettivo preciso:
“Guardare la realtà con un cannocchiale, con la distanza giusta ma anche con il rigore del dettaglio”, come ha spiegato il direttore della manifestazione, Chiara Nielsen. “Siamo giunti alla undicesima edizione di Internazionale a Ferrara – ha spiegato Nielsen – quindi abbiamo alle spalle un passato considerevole. Il simbolo di quest’anno è il mappamondo con un cannocchiale e ci ricorda che dobbiamo guardare quello che succede nel mondo dalla giusta distanza, con gli occhiali che consentano una giusta critica e un giusto distacco, ma anche col rigore del dettaglio, per leggere e comprendere meglio i fati”. Perché “non possiamo farci impressionare dalla realtà – ha proseguito – e al tempo stesso non possiamo cavalcare le tensioni che si respirano a livello internazionale”.
Sarà questo un filo conduttore di tutto il festival che è stato inaugurato con la consegna del premio Anna Politkovskaja al giornalista turco, Can Dundar, già direttore del quotidiano laico e indipendente Cumhuriyet, arrestato due anni fa e tenuto in carcerazione preventiva per tre mesi con l’accusa di spionaggio per aver mostrato che i servizi segreti turchi aveva dato armi agli estremisti islamici in Siria. Dundar, che ora vive in Germania, è uno dei cinque candidati per il Nobel per la pace. “Voi siete qui ad applaudirmi – ha detto durante la cerimonia il giornalista turco – e proprio ieri mi è giunto l’avviso che Erdogan ha chiesto la mia estradizione”. Internazionale a Ferrara anche quest’anno si annuncia seguitissimo dai giovani che invadono per il weekend la città emiliana. “E’ la dimostrazione – ha aggiunto Nielsen – che i giovani sono interessanti, appassionati e curiosi. Qui a Ferrara possono trovare molti approcci e molti linguaggi differenti”.
Il festival si concluderà domenica con l’incontro “L’età della rabbia” con lo scrittore indiano Pankal Mishra, il politologo francese, Olivier Roy, e Adam Shatz, del London Review of Books, che rifletteranno sul populismo xenofobo e l’estremismo religioso che hanno un’origine comune: la frustrazione dell’occidente in crisi.