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Il ricordo di Pasquale Di Lorenzo, agente di Polizia Penitenziaria ucciso dalla mafia 26 anni fa

Ventisei anni fa, il 13 ottobre 1992, a Porto Empeclode fu ucciso dalla mafia Pasquale Di Lorenzo agente di Polizia Penitenziaria, su ordine del boss Totò Riina.

Nato nel 1947 a Sipicciano di Galluccio, in provincia di Caserta, era Sovrintendente di Polizia Penitenziaria presso il carcere di San Vito, il vecchio monastero che all’ epoca fungeva da carcere di Agrigento

Svolgeva la funzione di Comandante reggente del carcere e da tutti veniva considerato “persona dotata di forte carattere, non incline a compromessi e considerato dai detenuti un duro e consapevole del ruolo delicato che svolgeva in un istituto penitenziario con una forte presenza di detenuti per reati di mafia. Viveva a Porto Empedocle con la moglie e le due figlie adolescenti.

Il 13 ottobre Pasquale Di Lorenzo si trovava in campagna, in contrada Durruelli di Porto Empedocle, dove possedeva un appezzamento di terra che utilizzava per l’addestramento di cani da difesa, una passione cui Di Lorenzo si dedicava nelle ore libere dal lavoro. In campagna era andato alle 10 e vi era rimasto per l’intera giornata. Il suo corpo senza vita fu ritrovato la mattina seguente, era stato ucciso con quattro colpi d’arma da fuoco ed era rimasto a terra in una pozza di sangue e fanghiglia dopo una nottata di pioggia.

La Polizia comincia le indagini, ma iniziarono subito i depistaggi e il caso fu archiviato attribuendo l’omicidio ad una controversia legata a questioni personali.

Sette anni dopo, nel 1999, il collaboratore di giustizia Alfonso Falzone si autoaccusò del delitto e, davanti ai giudici della Prima Sezione della Corte di Assise di Agrigento, svelò il movente, fece i nomi dei mandanti e il nome del complice che, insieme a lui, fu l’esecutore materiale del delitto

Al processo le dichiarazioni del collaborante Falzone convergeranno con quelle rese da Giovanni Brusca, che confermerà la seguente tesi: l’omicidio di Di Lorenzo è maturato nell’ambito di una strategia terroristica portata avanti dagli appartenenti a Cosa Nostra nei confronti di operatori della Polizia Penitenziaria, a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 41-bis dell’Ordinamento Penitenziario.

Quel 13 ottobre 1992, i killer eseguirono gli ordini di Riina appostandosi di fronte al canile di Di Lorenzo. Verso le 23,00 Di Lorenzo uscì dall’abitato, chiuse il cancello e si avviò verso la macchina; a questo punto partirono due colpi dal fucile a canne lunghe esplosi da Alfonso Falzone appostato nei pressi del canile. Pasquale Di Lorenzo cade a terra; a quel punto Gerlando Messina, complice di Falzone, finisce l’uomo con quattro colpi di pistola.

L’omicidio di Pasquale Di Lorenzo si consuma nell’ottobre del 1992, pochi mesi dopo gli attentati ai giudici Falcone e Borsellino e la mafia tenta di reagire ai provvedimenti restrittivi denominati “Carcere duro”, a cui venivano sottoposti i boss negli istituti di massima sicurezza di Pianosa e dell’Asinara.

Totò Riina decise di rispondere a questi provvedimenti ordinando l’uccisione di un poliziotto penitenziario per ogni carcere della Sicilia. Il primo a morire doveva essere proprio Pasquale Di Lorenzo, noto per la sua professionalità e moralità. Nel frattempo da Palermo era arrivato l’ordine di sospendere l’agguato poichè si temevano ulteriori provvedimenti restrittivi, ma Pasquale Di Lorenzo era troppo tardi. Il Sovraintendente fu ucciso la sera di 25 anni fa.

Ma per lunghi sette anni, oltre al dolore per la scomparsa di Pasquale, i familiari di Di Lorenzo dovettero subìre le accuse di essere coinvolti nell’uccisione dell’agente di Polizia Penitenziaria. Soltanto nel 1999, dopo la confessione di un pentito, fu ristabilita la verità.

Il ricordo di Don Marcello Cozzi, Vice Presidente di Libera

Totò Riina decise così di far uccidere un agente penitenziario per provincia, a partire da Agrigento, dove nel mirino fu messo Pasquale Di Lorenzo, “secondino” integerrimo, originario della provincia casertana ma sposato a Potenza. Due sicari lo attesero dinanzi la sua casa di campagna, a Porto Empedocle, la sera del 13 ottobre 1992, e gli spararono a bruciapelo.

In questo anno così pieno di celebrazioni e anniversari di importanti stragi di mafia, la memoria di noi tutti vada anche a Pasquale, al suo sacrificio silenzioso, al suo nome passato in secondo piano, per ricordare a noi stessi che sono davvero tanti quelli che ci hanno rimesso la vita in questa sporca guerra contro le mafie, e per dire ai suoi familiari che uomini così sono l’orgoglio del nostro Paese.

Redazione

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