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Il bibliomotocarro per far amare il libro alle nuove generazioni

Il bibliomotocarro per far amare il libro alle nuove generazioni così il maestro Antonio La Cava, ora in pensione, ha trasformato in libreria ambulante la sua Ape, chiamandola il “Bibliomotocarro”: i lati sono due vetrine, all’interno è attrezzata con scaffali su cui ci sono centinaia di libri. Il tetto, realizzato con tegole e comignolo, trasmette naturalmente un messaggio chiaro: la disaffezione nei confronti del libro, che spesso inizia a scuola, si afferma e si consolida in casa e in famiglia. Quindi il maestro con il suo bibliomotocarro gira tutti i paesi della Basilicata.
Per conseguire tale finalità potevano essere usati tanti mezzi, non necessariamente un motocarro.

Perché, allora, il maestro La Cava pensò proprio al motocarro come mezzo efficace per fare di un’idea l’idea vincente?

Per rispondere alla domanda è necessario dire che ad ispirare la nascita del Bibliomotocarro ci furono sicuramente  ragioni soggettive: ragioni, cioè, legate al suo ideatore e intimamente ispirate alla sua formazione e alla sua storia.
Il Bibliomotocarro, perciò, è “figlio” innanzitutto del maestro elementare La Cava e della sua lunga esperienza nella scuola; ma è frutto anche  della sua innata ambizione a sentirsi un po’ “maestro di strada” e della sua convinzione che le pareti delle aule fossero spesso troppo strette ed anguste e che ci fosse, perciò, il bisogno per la scuola di cercare “fuori” quello che “dentro” non c’era; anche perché non sempre bastava portare il fuori-scuola dentro la scuola per risolvere il problema.

La scuola – diceva il maestro – facciamola fuori, non nel senso di “eliminarla” ma immaginando le grandi potenzialità offerte dall’uso didattico del territorio. Insomma, la scuola fuori dalla scuola.
Il Bibliomotocarro, perciò, nacque anche da questa idea di scuola. E non solo.

Da piccolo, il maestro La Cava, figlio di contadini, abitava in un “sottano” e quando, soprattutto nelle serate d’inverno la madre spegneva l’unica lampadina di casa, lui, per leggere, accendeva una candela; la luce era fioca, il calore era tenue, ma quella candela, ancorché fioca e tenue, è rimasta accesa negli anni,  diventando seme prezioso. Così come un seme è stato il primo libro letto dal maestro, preso sul finire degli anni 50 (58-59) non in una libreria, che a Ferrandina a quei tempi non c’era (e anche se ci fosse stata?), né in biblioteca, che invece c’era, bensì in una sorta di bibliobus (in realtà era un camion ben attrezzato come un bibliobus) che svolgeva una straordinaria funzione di biblioteca ambulante per conto dell’allora Provveditorato agli Studi di Matera (ne curava il servizio il maestro Plasmati). E’ un esempio concreto, questo, di cultura popolare, di educazione permanente, di tempi in cui forte era l’azione di lotta all’analfabetismo. Ed allora come non ricordare che il maestro si è formato alla prestigiosa scuola dell’UNLA, che per anni ha presieduto la Delegazione regionale lucana dei Centri di Cultura per l’Educazione Permanente ed ancora oggi dirige il Centro Unla di Ferrandina.

Il motocarro è un mezzo popolare, umile e semplice

Spesso il maestro dichiara: “Non poteva che essere il motocarro il mezzo per consentire ai libri di mettere le ruote”. Perché lo dice? Perché il motocarro è un mezzo popolare, umile, semplice: le qualità giuste perché l’idea risultasse vincente. Il Bibliomotocarro, infatti, è a dimensione di bambini, li mette a loro agio, avvicina a loro i libri così tanto da creare, tra libri e bambini, familiarità, dimestichezza, amicizia: una rivoluzione, insomma, nel campo della promozione della lettura pensando a come il libro viene spesso visto e vissuto. Sì, perché se in Italia si legge poco, in Basilicata si legge ancora meno per tante ragioni che hanno tutte, però, un elemento in comune: la lontananza del libro.
E  se fu rivoluzione fin dall’inizio con la piccola Ape 50 letteralmente assediata da fanciulli e ragazzi pieni di entusiasmo fu proprio perché i libri, mettendo le ruote, si avvicinavano il più possibile ai bambini raggiungendoli dove loro fossero: piazzette, angoli di strade, campetti di gioco; ogni settimana venivano presi in prestito in media 450 libri.

E la casetta, con regolari infissi, tegole e comignolo fumante, sta ad indicare un messaggio chiaro e diretto: la disaffezione nei confronti del libro, che tante volte comincia a scuola, si afferma e si consolida in casa, in famiglia, al cui interno, spesso e volentieri, scarseggiano i modelli positivi, costruiti su esempi e comportamenti  che portino i figli ad acquisire il gusto della lettura e il piacere di leggere.

Il passaggio dalla prima versione su Ape 50 alla casetta su Ape diesel quasi 500 fu motivato dall’esigenza di poter raggiungere  le scuole dei Comuni materani e potentini che facevano richiesta di avvalersi del servizio di biblioteca itinerante con 5-6 incontri nel corso dell’anno scolastico. E si avviò, così, la prima ramificazione nel territorio, che si rivelò produttiva e benefica perché portò alla nomina del maestro La Cava da parte dell’Ufficio Scolastico Regionale della Basilicata a Referente regionale del Progetto nazionale “AMICO LIBRO”.

 

Redazione

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