Il restauro di un significativo nucleo di lettere di Michelangelo Buonarroti indirizzate a Giorgio Vasari e la digitalizzazione dell’intero archivio, interventi promossi e diretti dalla Soprintendenza Archivistica e Bibliografica della Toscana, rappresentano l’occasione per esporre per la prima volta a Firenze i documenti più rilevanti di questo fondo, conservato ad Arezzo presso il Museo Casa Vasari.
L’esposizione dal titolo “Michelangelo e Vasari. Preziose lettere all”amico caro’ dall’archivio Vasari, a cura di Elena Capretti e Sergio Risaliti, con il patrocinio della Città Metropolitana, Comune di Firenze e Comune di Arezzo e in collaborazione con il Consiglio Regionale Regione Toscana, si tiene a Firenze, in Palazzo Medici Riccardi, fino al 24 luglio. L’evento è organizzato da Avm srl con il sostegno di Banca Ifigest.
La mostra permette al pubblico di ammirare questo importante corpus documentario, “un lembo del secolo d’oro”, come lo definì il giornalista e scrittore Ugo Ojetti sulle pagine del “Corriere della Sera” nel 1908 quando Giovanni Poggi, allora direttore del Museo Nazionale del Bargello di Firenze, lo rinvenne nell’archivio Spinelli di Arezzo.
A queste carte, così come alla sua opera artistica e letteraria, Vasari affidò il compito di conservar memoria di sé, di “lasciar fama” e di combattere la “voracità del tempo”. La stessa ansia di eternità che l’artista volle esprimere nella sua casa di Arezzo, a cui le carte sono oggi vincolate.
Le carte costituiscono una testimonianza diretta della vicenda umana e della formazione artistica di Giorgio Vasari (1511-1574), della sua personalità poliedrica, della sua vasta produzione, dei suoi rapporti con i committenti (tra cui Cosimo I de’ Medici) e con i maggiori artisti e letterati del suo tempo, in particolare con Michelangelo.
Il percorso espositivo ha il suo fulcro proprio nelle lettere inviate fra il 1550 e il 1557 da Michelangelo a Roma a “Messer Giorgio amico caro” in Firenze, segno vivo del profondo rapporto tra i due artisti, carte private che ci consentono di avvicinare un Buonarroti anziano, prossimo alla morte, che si confronta con le proprie debolezze, gli affetti e le ultime meditazioni sull’arte e l’architettura.
La mostra si apre con una prima sezione dedicata alla storia dell’eredità di Giorgio Vasari, del suo archivio e, più in generale, della sua memoria come si esprime nella complessa relazione tra il corpus documentario, la biografia vasariana e le vicende ereditarie.
Oltre a costituire fonti preziose per la storia dell’arte e della cultura del Rinascimento, queste carte rappresentano un apparato memoriale e autocelebrativo a cui Vasari consapevolmente affida la propria effigie d’artista destinato ad una fama imperitura.
Svolgono la stessa funzione le disposizioni testamentarie con le quali Vasari cerca di assicurare la trasmissione ai posteri del suo patrimonio e delle sue carte. La successiva, complessa, storia della memoria vasariana viene ripercorsa nelle sue tappe fondamentali, fino agli sviluppi recenti.
La sezione seguente espone le lettere che documentano il rapporto privilegiato che Giorgio Vasari intrattiene con il suo principale committente Cosimo I de’ Medici, ma anche i sodalizi instaurati con letterati ed eruditi del tempo come Paolo Giovio, Annibal Caro, Vincenzo Borghini, Cosimo Bartoli, Pietro Bembo e Pietro Aretino. Proprio intellettuali come il Borghini, iconologo ufficiale del duca
Medici, accompagnano la sua produzione artistica, suggerendogli”invenzioni”, allegorie, genealogie illustri, rievocazioni mitologiche con effetti profondi, evidenti anche nelle pitture che l’artista realizza in Palazzo Vecchio.
Il percorso espositivo prosegue raccontando come nasce l’idea e la storia de “Le vite de’ più eccellenti pittori, scultori, e architettori”, che Vasari pubblica a Firenze in due edizioni, entrambe con una dedica al duca Cosimo I de’ Medici: la prima uscita nel 1550 nei tipi di Lorenzo Torrentino e la seconda, ampliata e corredata dei ritratti incisi degli artisti, edita dai Giunti. “Le Vite” sono di fatto la prima storia dell’arte moderna, il cui culmine – formale, morale e spirituale – è rappresento da Michelangelo Buonarroti (1475 –
1564) di cui il Vasari, in forza del rapporto speciale con l’artista, si ritiene erede e discepolo privilegiato.
L’ultima sezione della mostra focalizza, attraverso una narrazione intima e coinvolgente, proprio questo rapporto personale e ravvicinato tra i due artisti, una relazione amicale che intorno al 1550, anno della pubblicazione dell’edizione Torrentiniana delle “Vite”, si intensifica fino a diventare familiare. A documentare questa amicizia ci sono le lettere autografe inviate tra il 1550 e il 1557 da Michelangelo all’amico caro messer Giorgio. Sono anni di gloria e di sconforto, quando l’anziano Buonarroti riceve la
notizia della nascita del nipote, deve affrontare la morte del fedele assistente Urbino, si vergogna degli errori commessi nel cantiere di San Pietro, immagina ancora soluzioni architettoniche audaci, si rammarica di non poter tornare a Firenze, come vorrebbero l’amico Vasari e lo stesso Cosimo I.
Le lettere contengono anche tre sonetti, considerati il testamento spirituale dell’artista, tra i quali “Giunto è già il corso della vita mia”, del 19 settembre del 1554, in cui Michelangelo si fa interprete dei suoi amati maestri, Dante e Petrarca, e traduce in versi una sorta di confessione: come artista e come uomo avverte di essere giunto quale “fragil barca” al “comune porto” scampando al mare tempestoso della vita. Si aggrappa al legno della Croce, su cui il figlio di Dio è stato sacrificato per redimere l’umanità. Queste tarde
carte michelangiolesche, nelle quali troviamo anche alcuni disegni originali, sono un documento di eccezionale valore morale e di altissimo significato spirituale.
L’archivio Vasari – I manoscritti esposti nella mostra provengono dall’archivio della famiglia Vasari, a tutt’oggi conservato nella casa aretina dell’artista, acquistata dallo Stato italiano nel 1911 in occasione del IV centenario della nascita, e trasformata in Casa Museo Vasari.
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