Guardiola contro Mourinho, l’estetismo contro il pragmatismo, gli ideali contro la concretezza. Un duello che si rinnova ogni giorno, raccontato da Paolo Condò come fosse un romanzo, che ricalca valori da sempre in antitesi. (Baldini&Castoldi)
Nell’aprile del 2011 il Barcellona e il Real Madrid si sfidano per quattro volte in soli diciotto giorni. Una partita di campionato, una di Copa del Rey e due incontri che decideranno quale delle due compagini spagnole andrà avanti in Champions League.
Guardiola ha tutto dalla sua parte. Barcellona è il suo passato e il suo presente. È cresciuto in quel club e ha saputo sviluppare in maniera geniale e autonoma gli insegnamenti di Jordi Cruijf e dato un gioco unico, collettivo e totale alla sua squadra.
Mourinho è arrivato al Real dopo l’annata trionfale del triplete interista. Ha strigliato lo spogliatoio, ne ha rotto l’equilibrio imponendosi come leader assoluto e sta tentando con tutte le sue forze di riportare i blancos alle loro antiche glorie. Entrambi hanno i propri soldati in campo. Piquè e Busquets sono l’orgoglio indipendentista catalano, Sergio Ramos la fedeltà alla corona di Spagna. Pepe è il killer freddo e spietato, Messi un ballerino velocissimo, imprendibile. Ognuno darà la vita per la propria squadra, in questa serie di incontri ravvicinatissimi che porteranno la tensione a livelli mai visti su un campo da calcio.
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