Una donna danese, Joanna Palani, che ha combattuto in Iraq e in Siria contro i jihadisti dello Stato islamico (Isis) è stata arrestata a Copenaghen, scatenando accuse di ipocrisia per il trattamento che le è stato riservato rispetto a quello adottato con i combattenti dell’Isis rientrati nel Paese.
Nel settembre del 2015 le autorità danesi avevano imposto a Joanna Palani, 23 anni, un divieto di viaggio di 12 mesi, ma in un’udienza a porte chiuse che si è tenuta la scorsa settimana la donna ha ammesso di essere stata a Doha, in Qatar, il 6 giugno scorso. La 23enne è stata quindi arrestata e rischia una pena
fino a due anni di carcere.
“E’ una vergogna – ha detto il suo avvocato, Erbil Kaya, citato dal Guardian – siamo il primo Paese al mondo a punire una persona che ha combattuto dalla stessa parte della coalizione internazionale. E’ ipocrita punirla. Perchè non puniamo quelli che hanno combattuto con l’Isis invece che le persone che hanno combattuto al fianco della Danimarca?”.
I foreign fighter dell’Isis rientrati in Danimarca beneficiano di un programma di deradicalizzazione e reinserimento nella società. Secondo le autorità sono almeno 125 i danesi partiti per combattere in Siria, la maggior parte dei quali al fianco dell’Isis: di questi, circa 62 sarebbero rientrati nel Paese. La
Danimarca è secondo solo al Belgio per numero di foreign fighter.
Palani è figlia di curdi iraniani nata in un campo profughi di Ramadi, in Iraq, nel 1993, ed emigrata in Danimarca quando aveva tre anni.
La 23enne partì per il Kurdistan iracheno “per combattere per i diritti delle donne, per la democrazia, per i valori europei che ho imparato da ragazza danese”.
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