L’offensiva delle forze governative irachene, sostenute dalle milizie sciite, per liberare Falluja dal sedicente Stato islamico (Is) ha avuto ripercussioni anche in Arabia Saudita, baluardo sunnita nella regione, dove negli ultimi tempi sono spuntate campagne di finanziamento occulte che hanno come destinatario finale il gruppo terroristico.
“Non è possibile controllare le simpatie delle persone”, ha dichiarato il portavoce del ministero dell’Interno di Riad, generale Mansour al-Turki, nel corso di un incontro con la stampa organizzato presso
l’ambasciata saudita a Washington. Ma quello che l’Arabia Saudita può controllare – ha affermato – sono le campagne fasulle per raccogliere fondi come quella in nome dei “figli di Falluja”, che in realtà
finanzia il terrorismo. Al-Turki ha spiegato che a partire dal 2004 il governo di Riad ha monitorato tutte le richieste di beneficenza provenienti da Paesi stranieri, precisando che ogni donazione privata diretta all’estero deve passare attraverso canali ufficiali. In questi anni nel regno 226 persone sono state condannate per attività di finanziamento del terrorismo.
Nel corso della conferenza stampa, al-Turki ha quindi sottolineato che il regno stesso è spesso vittima
del terrorismo, citando “oltre 63 attacchi di al-Qaeda e dello Stato islamico”, 26 dei quali negli ultimi due anni, con oltre 200 tra civili e agenti di sicurezza uccisi.
Come hanno garantito funzionari del Tesoro, anche con dichiarazioni pubbliche, negli ultimi anni si sono molto attenuati i timori degli Usa riguardano i finanziamenti elargiti da ricchi sauditi a
organizzazioni terroriste.
L’incontro del portavoce saudita con i giornalisti fa parte di strategia messa a punto dall’ambasciata di Riad negli Stati Uniti, che negli ultimi mesi ha intensificato le sue attività di sensibilizzazione e di lobby per far fronte a una nuova ondata di accuse su possibili finanziamenti arrivati dall’Arabia Saudita per gli
attentati dell’11 settembre.
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