La fine del Califfato ha provocato una diaspora jihadista che potrebbe alimentare i gruppi estremisti già affiliati sia ad al-Qaeda sia all’Isis, nonché le cellule dormienti nei paesi occidentali ed arabi moderati.
Secondo il dossier ‘Terrorismo, criminalità e contrabbando‘ realizzato dalla Fondazione Icsa, Intelligence Culture and Strategic Analysis, e presentato alla Camera, i nuovi rientri potrebbero favorire forme aggregative ed atti di terrorismo ancor più eclatanti, in virtù di un’alleanza fra le varie metastasi jihadiste, che potrebbero rivelarsi ancor più destabilizzanti per l’Occidente”.
La caduta dell’Isis, “anche se vi sono ancora significative sacche di resistenza nel teatro siro-iracheno”, sembra aver restituito “una nuova vitalità ad al-Qaeda che oggi torna ad invocare unità di azione e di intenti per ricostituire, nel lungo periodo e con altre strategie, il Califfato. Il tentativo è di riacquisire la leadership della jihad globale riconducendola sotto linee guida unitarie, dopo anni di contrapposizione tra al-Qaeda e Isis e il reciproco scambio di accuse di ‘deviazionismo’”.
In questo contesto, al-Qaeda tornerebbe a rappresentare la “mente operativa”, mentre le cellule dell’Isis il suo braccio armato, con risorse di gran lunga superiori a quelle della vecchia al-Qaeda. Le nuove forme di aggregazione disporrebbero anche di maggiori capacità operative sia per l’esperienza maturata e le tecnologie sofisticate acquisite (come ad esempio l’impiego di droni), sia per gli schemi psicologici e di propaganda mediatica interiorizzati.
E’ stato del 412%, tra il 2010 e il 2014, il balzo di importazioni di beni archeologici e artistici provenienti dall’Iraq e diretti negli Usa. Il traffico di antichità e di beni culturali, definito ”petrolio di pietra”, è in grado di assicurare un flusso costante di denaro e di sopperire alle perdite collegate allo sfruttamento dei pozzi petroliferi. Dopo aver conquistato vaste aree della Siria settentrionale e orientale e dell’Iraq, lo Stato Islamico – osserva il dossier- è diventato il principale attore nel contrabbando di beni culturali della regione, facendone una imprescindibile fonte di reddito.
Le importazioni di monete di argento, bronzo e altri materiali nobili provenienti dalla Turchia hanno raggiunto un picco di incremento del 129%, quelle provenienti da Israele del 466% e del 676% quelle dal Libano (tutti paesi, questi, confinanti con la Siria e, nel caso della Turchia, anche con l’Iraq).