Italia

Lazio, chiuse 1340 imprese, allarme della Confesercenti

Le imprese di Roma e del Lazio in piena crisi, è questa l’analisi che emerge dai dati raccolti ed elaborati dalla Confesercenti. I dati confermano un trend che dura ormai da diversi anni e si è incrementato, in particolare, in questi ultimi cinque anni di piena crisi economica e dei consumi

“Roma, la città dei commerci è ormai sull’orlo del fallimento. I consumi diffusi negli esercizi di vicinato non ripartono e le piccole imprese, ormai indebitate, chiudono. Senza politiche reali di sostegno, il tessuto economico che caratterizza Roma sta scomparendo. Una vera e propria desertificazione è in atto.”

 Così in una nota Confesercenti. “Secondo l’indagine, nei primi due mesi dell’anno in corso, nella provincia di Roma, si sono perse 94 imprese del settore alimentare e 630 del settore non alimentare, per un totale di 724. Si
tratta di un dato che rielaborato ci consente di stimare la chiusura complessiva di circa 1140 imprese al termine del primo trimestre dell’anno.  A fronte di questo dato molto negativo – continua la nota – , lo stesso risulta appena attenuato dalle nuove aperture che si sono fermate, nella provincia di Roma, a 28 nel settore alimentare e 156 nel settore non alimentare. Un dato, quest’ultimo, che, stimando la tendenza, potrebbe crescere a fine trimestre per arrivare a 270 nuove aperture, contenendo, ma solo molto parzialmente il trend negativo.

Allargando l’orizzonte al territorio della regione Lazio, il dato analizzato ci fa stimare in 910 le imprese chiuse in assoluto (oltre 450 al mese in questo primo bimestre), un dato che sulla base trimestrale sale a 1340 imprese chiuse dall’inizio dell’anno”. “Da osservare alcuni dati che apparirebbero in controtendenza: da un lato la crescita contenuta delle nuove imprese. In effetti il dato negativo che si registra non è dato solo dall’alto numero delle imprese cessate, al quale purtroppo ci siamo abituati in questi ultimi anni, ma dal basso numero di imprese che riaprono o che scelgono di aprire per la prima volta. Un secondo elemento da osservare sta nel dettaglio delle imprese che cessano la loro attività: il 13% nel settore alimentare e l’87% in quello non alimentare. In questa triste classifica delle chiusure troviamo i negozi in sede fissa non alimentari e l’intermediazione commerciale con una quota del 30% delle chiusure, segue la ristorazione con il 23%, i bar con il 19%, il settore moda con il 16% e seguono nell’ordine, ad esempio, gli articoli da regalo, i macellai, le edicole, gli ortofrutta.

Da notare, ancora, che il settore ambulante, con oltre 11 mila banchi nella provincia di Roma – prosegue -, ha un saldo positivo di 41 attività nel primo bimestre dell’anno: una rara eccezione che fa capire che se oggi si fa impresa si cerca di farlo senza investire risorse in affitti, costi fissi e attrezzature. Per il settore della ristorazione, invece, si è registrato il peggior saldo negativo degli ultimi tre anni.

Se complessivamente, in questi ultimi cinque anni il numero di imprese in assoluto che hanno chiuso sfiorano le 14 mila unità, dobbiamo pensare che il dato negativo ha colpito prevalentemente l’economia romana: nella città, infatti, sono attive il 58% delle imprese del commercio, il 72% del settore alloggio, il 54% dei che di bar, il 58% del settore moda ed il 50% del settore ambulante del Lazio, tanto per capire il peso che esercita Roma sul totale del Lazio”. “Occorrono reali politiche di sostegno – ha dichiarato il presidente della Confesercenti di Roma, Valter Giammaria – meno tasse locali, più credito, lotta senza quartiere all’abusivismo, stop ad altri centri commerciali, puntare sulla riqualificazione dei mercati e le azioni di promozione turistica della città, contrastando il degrado in cui, ormai, versano le strade della capitale.

Inoltre, occorre sospendere la procedura che consente ad Equitalia ed enti riscossori l’adozione di un regime sanzionatorio pesantissimo e che si sta trasformando nella vera ghigliottina di Stato nei confronti delle piccole e medie imprese. Per questo dobbiamo dare forza e voce ai progetti di vicinato delle strade del commercio”.

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