Le nuove tecnologie e i social media richiedono delle regole. È una strada difficile da percorrere, ma obbligata perché sono a rischio i valori della democrazia.
Concordano su questo i direttori delle principali testate italiane, incalzati dalle domande di Sarah Varetto, direttore di Sky TG24 , in un incontro al Festival della tv e dei nuovi media di Dogliani, nelle Langhe cuneesi.
“La sfida tra il legislatore e i big della tecnologia, come Facebook, Amazon, Apple, è impari. Dobbiamo preoccuparci che ci sia una legislazione che non può essere nazionale. Il congresso Usa e la Commissione Europea devono mettere regole a protezione del consumatore che non può diventare solo prodotto”, osserva Mario Calabresi, direttore di La Repubblica.
“Non ho tanta fiducia che in tempi rapidi si possa arrivare a una regolamentazione globale condivisa – osserva il direttore del Corriere della Sera, Luciano Fontana – ma serve una battaglia legale, politica e sociale nei confronti di chi detiene i nostri dati. Dobbiamo difendere le nostre vite da un’invasione che è insopportabile e mette a rischio la democrazia”.
“Non possiamo non accorgerci che la democrazia è a rischio. Chi ha a cuore la democrazia deve fare qualche battaglia per regolamentare la rete. Non si tratta di censurare, ma un intervento è necessario perché è una situazione troppo pericolosa”, sottolinea il direttore dell’ANSA Luigi Contu.
Meno propenso a una regolamentazione il direttore de La Stampa, Maurizio Molinari. “La rivoluzione digitale non è neanche iniziata – afferma – ma gli interrogativi sono tanti: in una stagione in cui i cambiamenti sono di portata epocale cosa possono fare gli esseri umani? Dovremo tentare di dare delle regole anche all’intelligenza artificiale? Io credo nel mercato e nella responsabilità dell’uomo. Bisogna puntare sul ritorno all’informazione di qualità, è l’antidoto alle fake news”.
Per Claudio Cerasa, direttore de Il Foglio, “qualche Antitrust darà qualche lezione esemplare ai giganti tecnologici ma sarà una piccola multa. Non dobbiamo parlare solo di fake news, ma anche di bad news”.