«Diciamo le cose come stanno. Google non ruba i contenuti a nessuno. Siamo stati e siamo sempre disponibili a trattare con gli editori, in Italia come in altri Paesi, ma bisogna basarsi su dati concreti e serve sincerità da entrambe le parti».
No, a Carlo D’Asaro Biondo, presidente delle relazioni strategiche di Google in Europa, non è proprio piaciuta l’intervista rilasciata la scorsa settimana a La Stampa dal presidente della Fieg Maurizio Costa. Costa chiede al colosso delle ricerche su Internet di sedersi a un tavolo per trattare i diritti degli editori, domandando anche che Google «ci paghi i nostri prodotti editoriali che immette nel suo sistema».
È così D’Asaro? Google usa articoli, foto e filmati dei giornali nel suo motore di ricerca e nel servizio Google News?
«No. Noi facciamo una cosa molto diversa da utilizzare contenuti altrui. Noi indicizziamo quei prodotti, nel senso che permettiamo all’utente che fa richieste su un dato argomento di accedere alle fonti che di quell’argomento trattano. Ma è sempre l’editore che sceglie se e come i suoi prodotti devono essere indicizzati, se chi naviga può disporre di un intero articolo o solo di una parte, se la lettura sul sito dello stesso editore è gratuita o a pagamento… Insomma la nostra è solo una forma di promozione. E ovviamente siamo sempre disponibili a lavorare con gli editori per sviluppare nuovi prodotti che possano massimizzare i loro introiti: sia che si tratti di accessi a pagamento, sia di inserzioni pubblicitarie».
Eppure non tutti sembrano soddisfatti. E non solo in Italia, visto che anche in Paesi come la Francia o la Spagna avete avuto problemi…
«Capisco che alcuni editori tradizionali abbiano marchi forti e possano dunque non essere interessatissimi, ma altri editori di giornali più piccoli o di stampa locale guardano con grandissimo interesse al nostro modello. Quando il mese scorso abbiamo lanciato la nostra Digital News Initiative con otto grandi gruppi editoriali europei abbiamo visto un numero importante di giornali interessati: sono attratti dal nostro modello di business e dalla nostra volontà di sviluppare prodotti in comune».
Nella Dni ci siamo per l’Italia anche noi de La Stampa. I vostri critici sostengono che avete lanciato l’iniziativa anche per rompere il fronte degli editori in Europa. Cosa replica?
«Che non è così. La Dni si basa su tre punti fondamentali: lo sviluppo di prodotti comuni con gli editori, che ci aiuteranno a capire quali sono i modelli migliori per creare fatturato e come misurare e interpretare il traffico di utenti; la formazione dei giornalisti alle nuove tecnologie: infine abbiamo un fondo che siamo felici di offrire agli editori che fanno investimenti a lungo termine in queste tecnologie».
Dal cahier des doléances della Fieg: dovreste condividere con gli editori i ricavi pubblicitari…
«Siamo d’accordo sulla condivisione dei ricavi pubblicitari, tanto che abbiamo sviluppato tecnologie per condividerli attraverso YouTube o attraverso le nostre piattaforme pubblicitarie. E siamo comunque disponibili a discutere con gli editori le condizioni per l’utilizzo delle nostre piattaforme».
Altra accusa: dovreste riconoscere agli editori i diritti d’autore per i loro prodotti e invece non lo fate.
«Noi non facciamo nulla senza rispettare il diritto d’autore. Ma considerare l’indicizzazione uguale alla diffusione del contenuto significa essere in errore o in malafede».
Ulteriore punto dolente sollevato da Costa: Google deve condividere con gli editori i dati degli utenti…
«I dati sono degli utenti e noi di Google non li vendiamo a nessuno. Semplicemente, con il consenso dell’utente gli forniamo alcuni servizi, sempre rispettando la sua privacy. Dunque, siamo disponibili a pensare a nuovi prodotti, ma tenendo presente la tutela della privacy degli utenti. I dati non sono nostri e non possono essere nemmeno della Fieg».
Ma se la realtà per voi è così diversa da come la dipinge il presidente degli editori sarà difficile che raggiungiate un accordo, no?
«In effetti mi chiedo mi chiedo chi rappresenta oggi la Fieg, perché sento dal presidente Costa discorsi molto diversi da quelli che sento da piccoli editori o anche dalla stampa estera. Abbiamo fatto tante proposte e vogliamo che l’editoria abbia successo: è un valore sociale ed economico importantissimo ed è fondamentale per la democrazia. Con la Fieg ci siamo già incontrati varie volte e siamo disposti a rincontrarci».